Consigli per una vita di coppia felice e per una singlitudine serena, senza troppi sensi di colpa.

sabato 22 luglio 2017

Tema del giorno: pizzica e El Lissitzky

Cosa c'entra il ballo della pizzica con l'immagine del 1919 del Cuneo rosso che irrompe nel tondo bianco?
Solo la mia mente malata poteva visualizzare questo famoso manifesto dell'Avanguardia russa mentre mi facevo spiegare dagli amici ballerini il significato dei passi del ballo salentino.
Un confronto ardito? Neppure troppo se si leggono i simboli.
Nella pizzica i passi sembrano semplici e spontanei, in realtà sono studiati e ben precisi. Si mette in scena, infatti, il gioco della seduzione dove la donna, civettuola e ammaliatrice, fugge l'uomo che avanza nella conquista.
Un ballo antico, che sa di Mediterraneo e tradizioni greche ma anche di rapporti di forza.
Nella rappresentazione l'uomo, un po' guascone, irriverente cerca di catturare l'attenzione femminile fino alla resa finale. Dove il Cuneo rosso vince sulla donna. Insomma tanto rumore per nulla? In fondo è quello che noi vogliamo.
Chi vince in questo dramma? L'uomo. 
La conquista si manifesta attraverso il ballo dove tutto è un gioco di sguardi, ritrosie e scaramucce; dove un po' si cede e un po' si fugge.
La pizzica come metafora della bagarre amorosa. Si mette in scena non altro che il ballo della vita dove il Cuneo diventa simbolo del dominio virile.
Dominio? Che parola orrenda. Credo di averla abolita dal mio vocabolario da molto tempo. Eppure come tradizione comanda anche in un gioco, che poi tanto gioco non è all'uomo è richiesto il compito della conquista, alla donna invece quello della preda.
Come nelle fiabe, l'uomo insegue il suo oggetto di desiderio tra magia e perdizione. 
Ha il compito di riportare in seno alla comunità quell'essere ammaliatore, stregonesco, dagli occhi profondi che ora gli fugge. Occorre che qualcuno lo catturi per domarlo.
La strega deve soccombere. Non è ammessa nella sua esuberanza giovanile, nella sensualità ferina. La notte e la luna devono lasciare spazio alla luce del focolare domestico. Alla luminosità abbagliante di un giorno senza tenebra.

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