Consigli per una vita di coppia felice e per una singlitudine serena, senza troppi sensi di colpa.

lunedì 30 luglio 2018

Centimetro più, centimetro meno...



Mi sono resa di non avere ancora affrontato, in questa torrida estate, un tema di fondamentale importanza, l’argomento principe delle chiacchiere da ombrellone. Quale? Ma è ovvio: le dimensioni, quanto contano?
Siamo così sicure, noi donne emancipate, dotate di una cultura senza stereotipi, laureate e femministe, di non essere interessate al numero di centimetri strategicamente posizionati? 
Alzi la mano chi non ha, almeno una volta, spergiurato al partner di fregarsene delle dimensioni, affermando sicura che noi donne diamo importanza al romanticismo, ai preliminari, al “come lo si usa”. Di solito, dal momento che siamo bravissime a fingere pure un orgasmo, figuriamoci se non mentiamo spudoratamente al nostro lui per evitargli dispiaceri e permettergli così di prendere sonno rapidamente…caso mai avesse pure il desiderio di fare il bis.
Intendiamoci, è vero che i preliminari sono importanti; ed è altresì vero che la bravura in orizzontale del nostro lui è ugualmente importante; ma è pure inutile raccontarcela: davanti allo spettacolo di un pene modesto, per lunghezza e circonferenza, il desiderio si mortifica. Quel che noi ragazze ci aspettiamo è sì la passionalità, ma in armonia con la consistenza. Perché, scava scava, in noi c’è sempre da qualche parte l’attrazione per il modello relazionale – in camera da letto, eh… - denominato “io Tarzan e tu Jane”; quel modello cioè per il quale la virilità altro non è che una questione di numeri (di prede conquistate, di “zum zum” in una stessa serata, di centimetri orgogliosamente esibiti sotto la cintola). E poco valgono gli studi in materia, anche quelli compiuti al King’s College di Londra, i cui studiosi, dopo aver visionato un campione di oltre 15mila membri (mi sono pure domandata come sia avvenuta la ricerca, e immagino dottoresse in camice bianco munite di metro intente a chiedere agli uomini di potere vedere, in nome della scienza, l’erezione del soggetto), ha stabilito uno standard di 12/13 centimetri di lunghezza per un pene turgido.
E proprio questa, a parere delle donne, sembra essere la dimensione ideale. Oddio... anche un qualche centimetro in più non dispiace mica! Poiché la vagina ha una profondità di 7 centimetri, un membro di lunghezza superiore può causare abrasioni e piccole ferite; per non parlare del sesso anale, dove un pene troppo generoso è decisamente mooolto impegnativo. In ogni caso, centimetro più, centimetro meno, è comunque difficile scardinare gli stereotipi. Non nascondiamocelo: vedere crescere il pene, grazie alle nostre delicate attenzioni, stimola anche la nostra fantasia e lo rende più intenso.
Se da giovani i centimetri non sono certo importanti, perché ancora ci si trastulla nell’immagine emotiva e romantica del rapporto, quando si oltrepassano i trenta il sesso diventa puro piacere fisico; quindi, l’avere un partner dotato fa davvero la differenza. Si scopre così il vero valore della misura e del calibro di un pene, e del diverso tipo di piacere che esso può produrre. Il vibratore umano ovviamente procura molta più soddisfazione di un Dildo in lattice; con un unico problema: che il portatore sano di centimetri spesso ritiene che si debba anche fare conversazione. Con il tuo vibratore, invece, non sei costretta a ridere alle battute. E, dopo l’uso lo riponi nella sua apposita confezione. 


          

lunedì 16 luglio 2018

Attrazione fatale: ovvero se ti innamori dell’amante


ps: ogni riferimento a persone esistenti o a fatti realmente accaduti è puramente casuale...o forse no. 

Molti mi confidano le loro pene d’amore. Tra questi ho ormai elaborato una precisa tassonomia: vi sono i dispenser gratuiti di spermatozoi, abituati a saltare da una donna all’altra, ben decisi a scansare qualsiasi relazione stabile; ma ve ne sono però anche molti altri che, spesso già accompagnati o sposati, dedicano una gamma variabili di attenzioni all’amante. Se nel primo caso l’inconsistenza del legame è chiara fin da subito, dunque è impossibile uscire dalla dimensione puramente ludica della relazione, nel secondo caso invece assai spesso capita che la relazione, nata senza impegno, si trasformi in una storia seria.
Da qui la prima domanda: dopo quanto tempo la clandestinità diventa amore? Poiché conosco uomini capaci di dividersi, da diversi anni, tra moglie e amante, mi chiedo quale differenza corra tra un matrimonio e una relazione duratura sebbene clandestina? E la seconda domanda che mi sorge spontanea è la seguente: non si rischia così di trasformare la necessaria leggerezza in un carro rimorchio pieno di ghisa?
Se il matrimonio, soprattutto dopo l’arrivo dei figli, rischia di trasformarsi in un susseguirsi di bollette, suono della sveglia mattutina e rate del Folletto, la relazione clandestina dovrebbe invece promettere desiderio sfrenato e folli emozioni. Di scappatella in scappatella può quindi capitare di incontrare l’anima gemella, la donna o l’uomo che fa tremare le vene e le ginocchia, la persona insomma che si aspettava da una vita.  E adesso? Dal momento che, quando si è impegolati in un tetris, dove il tetramino “moglie sospettosa” deve incastrarsi a fianco dell’amante gelosa, occorre mantenere molta razionalità, consiglio vivamente gli amici di munirsi di una pratica agenda. Grazie alla quale annotare diligentemente gli impegni dell’una e dell’altra, evitando sovrapposizioni, musi lunghi e costosi regali di riparazione.
Del resto, se la seconda donna si innervosisce qualche ragione ce l’ha: fare l’amante non è infatti una cosa semplice, perché significa trascorrere le feste da sola, fingere indifferenza quando ci si incontra casualmente per strada e accettare sempre che la legittima consorte abbia il diritto di precedenza. Fare l’amante significa inoltre non essere gelosa nei confronti delle donne, di quella che ha un contratto legale dalla sua come di tutte le altre (che potrebbero sempre strapparti il ruolo di favorita). Per fare l’amante bisogna quindi avere fisico e nervi saldi. Al punto che, essendo un’impresa eroica, quasi sempre destinata al fallimento, proporrei al Comitato olimpico di istituire una specifica categoria. Pensateci un po’: alla spensieratezza dei primi tempi, quando palpavi l’eccitazione (ehm…e non solo quella) anche davanti a una semplice Sloggy, segue un duro confronto con l’ansia da prestazione, che impone sedute in palestra per rassodare il gluteo, appuntamenti dall’estetista per perfezionare la ceretta o fugaci visite alla biblioteca per visionare quel libro un po’ osé che non hai il coraggio di acquistare (dai, quello che ti illustra tutte le posizioni del Kamasutra). Insomma, essere l’altra donna comporta un’intelligenza tattica degna del Napoleone di Austerlitz, una pazienza da bonzo e una capacità organizzativa degna del Tom Cruise di Mission impossible. Solo a questo punto si può sperare di superare il giro di boa dei sei mesi, per approdare al ruolo di concubina con la “C” maiuscola.
Attenzione però, perché se s’inizia a fare qualche pressione, o ad avanzare qualche pretesa, state pure certe che, nonostante voi vi siate trasformate nella dea sesso in persona, l’uomo chiuderà rapidamente ogni rapporto e si rifugerà mansueto tra le braccia della moglie.
Game Over    
Il rischio di abbandono è alto, soprattutto per le amanti giovani e troppo poco esperte, ovvero quei cari e graziosi cuccioli che il maschio alfa ritiene di potere educare e di dovere mantenere; almeno fino al momento in cui qualcuno, ingenuamente o no, magari a una cena di gala, chiede allo stesso cosa quella bellissima figlia farà dopo il diploma. Anche in questo caso il ritorno all’ovile dell’uomo appare molto probabile, perché gli stessi sanno che possono sempre trovare comprensione  (purché siano disposti a regalare al loro angelo del focolare l’ultimo modello di Folletto).
Esiste allora una qualche speranza di ripresa tra moglie e marito? Ovviamente no.
Anche se lui ha abbandonato l’amore della sua vita, sappiate – care mogli offese – che vostro marito mica ha cancellato dalla rubrica i numeri di tutte quelle che aveva momentaneamente lasciato in stand by.


#amante; #deadelsesso; #concubina; #attrazionefatale; #sloggy

domenica 8 luglio 2018

Verifica orale: viaggio nell'orgasmo femminile



Per presentare il terzo appuntamento della rassegna Evulvendo estate www.bagnoperla.it/
ho pensato di riproporre un racconto che ho pubblicato il 29 aprile sulla rivista Psychiatryonline nella rubrivca Evulvando- comizi d'amore del terzo millennio- 


Le mie gambe sono aperte per accogliere tra le cosce il suo viso, colla sua bocca che risale lenta verso l’inguine. Io amo l’istante preciso in cui quella lingua arriva al clitoride, perché è come se mi toccasse dire di no pur non volendolo fare; ed è eccitante sottomettersi all’ineluttabilità del peccato. Però accenno alla ribellione, con una messa in scena che, se non ci fosse lui a tenermi i polsi, potrebbe anche tramutarsi in azione concreta: quale bellezza umida è pensarsi in balia e senza via di fuga (“ecco, mi ha bloccata, inchiodata al letto, incurante delle mie proteste e ben consapevole che tra poco proprio loro si trasformeranno in una invocazione”). Forse non è altro che un opaco riflesso di quella prima e lontana prima esperienza, quando tutto ancora sorpresa, timore, repulsione e desiderio. Mi piace pure avvertire la ruvidezza delle guance, che scorticano la pelle più delicata e protetta, lasciando sottili striature rosse, piccole rette composte da tanti puntini colore del sangue.
Adesso stringo i muscoli delle natiche, e sollevo il bacino in direzione della sua bocca. E mi offro tutta, percependo il mio desiderio crescere; e non mi importa dell’odore diventa acre e pungente, delle grandi labbra che pulsano, dell’umore che cresce e inonda il suo palato, Perché la mia attenzione è tutta riservata all’ascolto del clitoride che si gonfia. E non c’è null’altro, e non mi interessa se a lui piaccia oppure no. Esigo l’orgasmo, presto e senza intralci; voglio sentirlo crescere dentro di me, forte, potente ed esagerato, sfrontato e senza freni.
Perdio, muovi più velocemente quelle dita; perdio fai la stessa cosa con quella lingua! Scava a fondo e osa. Non avere paura di farmi male!
Solo ora posso davvero lasciarmi andare, e in quel preciso istante il respiro si tronca e il cuore si ferma; e un grido che viene dal profondo del tempo sale su dalla pancia fino alle gola, e risuona e rimbomba tutto attorno. Sentano pure i vicini di casa, che m’importa? In questo momento io sono solo corpo, sono solo esplosione di vita ed energia.
Solo adesso, solo alla fine del mio piacere lecco quelle labbra e quella lingua che sanno di me. Lecco avidamente le sue guance intrise del mio odore e lascio che le nostre bocche si uniscano e le salive si fondano. Voglio bermi esattamente come ha fatto lui. Provare quella vischiosa libidine che sa di mare. 

martedì 3 luglio 2018

Indovina con chi vado a cena? Prima puntata su “sesso e cibo. Ovvero dimmi come e cosa mangi e ti dirò se darti buca al secondo appuntamento”






Tra le cose che amo di più c’è l’uscire a cena, specie se la meta è un bel ristorante stellato, famoso per i piatti raffinati e le pregiate bottiglie di vino. Naturalmente, la condizione di beatitudine si raggiunge se ci si va in compagnia di un uomo affascinante, che non strabuzzerà gli occhi alla presentazione del conto e anzi stupirà tutti lasciando una sostanziosa mancia. Inutile dire che l’ambientazione possiede un suo fascino, e spesso aiuta a fare scattare un certo interesse anche per l’accompagnatore che tanto gentilmente mette a tua disposizione la carata American Gold. Dopodiché si può iniziare a prendere in esame le altre sue qualità: dalla cura nell’abbigliamento alla brillante conversazione, capace di spaziare dall’analisi della situazione internazionale alle intelligenti riflessioni sull’ultimo romanzo letto. Ammettiamolo: quante volte ci è infatti capitato di pensare a chi ce l’aveva fatto fare, a uscire con quel “Lui” quando a casa abbiamo abbandonato sul letto il  libro che tanto ci appassiona? Non avremmo potuto trovare una scusa, anche punk, che permettesse di declinare l’invito avocando la lunghezza fuori controllo del ciclo mestruale o la depressione del povero nostro cagnolino che – proprio questa sera – non può essere lasciato a casa da solo?
Del resto, un po’ di esperienza l’abbiamo fatta e sappiamo che sono molti gli uomini a cui non vale la pena di dispensare la grazia della nostra compagnia. Vogliamo ricordarcelo, magari grazie all’aiuto di un comodo decalogo? Sì? Allora iniziamo…
1.       Lo sbragone: ovvero, quello che sa tutto di vini, finge di conoscere il proprietario e saluta tutti come se il mondo fosse popolato esclusivamente da suoi amici; quello che raggiunge il suo meglio quando, prima di aspirare lascivamente un’ostrica, ti guarda fisso e agita la punta della lingua sul mollusco. Bleah…Orrendo!

2.      Il narciso: ovvero colui che ordina insalatina e acqua naturale. Ti dice che è per non rovinare la sua splendida linea (anche se, qualche volta, mi è sorto il dubbio che fosse per evitare un conto troppo salato). Costui ti parla di sé. Sempre di sé. Solo di sé. Ascoltatemi bene: l’anoressico a tavola e a letto, a meno che non vogliate essere oggetto di una botta e via, del tutto canonica e priva di fantasia, lasciatelo pure alle sue macedonie fresche a base di anabolizzanti.

3.      Il Bolt del cibo: ovvero colui che non mastica, bensì aspira; sì, insomma, il Folletto Vorwerk della tavola. Credetemi, se sesso e cibo sono un connubio inscindibile, allora costui sarà un velociraptor anche sotto le lenzuola. Dunque, lasciatelo pure al Jurassico.

4.      Colui che gioca con il cibo: ovvero, l’uomo più ansioso del mondo. Osservatelo bene: se gira spesso la testa, guardandosi intorno con aria circospetta, allora è praticamente sicuro che quell’ansia possa essere causata dalla presenza di una moglie non dichiarata alla dogana del vostro cuore.  

5.      Il silos immagazzinatore: ovvero, colui che ordina più cibo rispetto a quello che potrebbe mangiare in dodici vite; al punto che ti viene da chiederti se quella voracità derivi dall’avere ingoiato – alla maniera della Divina – una tenia oppure se tutto quella fretta sia un indicatore della compulsività a cui è abituato. Uno alla “dieci donne per me posson bastare...”, insomma. Il mio consiglio? Scappate via in fretta, per evitare di finire in un’agendina accompagnata da tante stellette a seconda della vostra abilità sotto le coperte.

6.      Il famolo strano: ovvero, colui che ordina solo piatti stravaganti, sperimentando magari la maionese sul dessert; colui che ama raccontarti di avere provato il serpente in umido durante un viaggio in Amazzonia a bordo di una piroga. In questi casi mi chiedo: perché si è nutrito di vermi e di serpenti? Per quale strana perversione lo ha fatto? A meno che non sia stato inviato dal National Geographic scappate in fretta. Se è vero, il rischio è che vi faccia sperimentare – come minimo – un coito abbarbicati sul cornicione di un grattacielo durante una notte di tempesta.

7.      Il precisino: ovvero, quello che conta le calorie e vi dona suggerimenti sull’alimentazione. Ma sei forse l’inventore della Weight Watchers?. Levate le tende all’istante se non volete ritrovarvi con le sue manine sui vostri fianchi, intente non a provare un gioco erotico strano bensì a misurarvi la ciccetta come un pinzometro.

8.     Il criticone: ovvero, colui che si lamenta per tutto, facendo riportare il piatto in cucina anche se è perfetto; quello che trova sempre il vino inadeguato al contesto.  Lo ammetto, trattasi della categoria per me maggiormente difficile da sopportare; anche perché mi mette ansia. Per due motivi: il primo perché sicuramente vi annuncerà che sua madre cucina meglio di chiunque altro, il secondo perché tale comportamento rivela il suo essere un eterno insoddisfatto. E come critica il cibo state pure sicure che così criticherà voi, per qualsiasi cosa.

Ho riservato le ultime due categorie a persone di sesso maschili che non sono da buttare; con le quali potrei anche uscire volentieri a cena:
9)     Il giovane accompagnatore squattrinato: ovvero colui di cui sapete di dovere aiutare nel pagare il conto, solo però dopo avere riconosciuto la sua buona volontà e la disponibilità a investire una cospicua parte del suo stipendio al solo scopo di farvi sentire principesse. Probabilmente vi ama follemente. Se non avete problemi a vestire i panni da nave scuola…. Potrebbe anche rivelarsi una bella storia.

 Il tipo sicuro di sé: ovvero colui che non ha bisogno di stupirvi con fuochi d’artificio, in pace con se stesso e capace di farvi ridere; lui avrà una conversazione vivace, apprezzando la buona cucina e, soprattutto, conoscendo il valore inestimabile del guardarvi negli occhi mentre parlate. Ecco…. Se lo trovare… CHIAMATEMI!!!!!!!!     

#sessoecibo; #cartamericangold; #spocchiosamenteilare; #evulvendobagnoperla 

domenica 1 luglio 2018

Una donna non si tocca neppure con un fiore, ma lo spanking ha un suo perché






La prima volta che un uomo ha deciso di lasciare la sua bella mano, con tanto di cinque dita aperte, sulla mia natica sono rimasta prima sorpresa, poi un po’ offesa e subito dopo mi sono detta: beh, mica male! Piacere e dolore, intrecciati tra loro, sono del resto due aspetti imprescindibili della cultura erotica. Ben dosati, e sempre a patto che si tratti di un gioco a due con regole condivise, il loro combinarsi rende infatti il rapporto decisamente intrigante. Dunque, considerando pure l’economicità dello spanking, perché non sperimentarlo? Chi volesse trasformarsi in Mister Grey, oppure in Anastasia Steel, proprio questa rappresenta la prima e necessaria tappa della vostra personalissima via crucis. Ed io, cosa trovo intrigante dello spanking? Ovviamente il fatto che scatena la fantasia, specie se ti sei nutrita di una montagna di libri di ambientazione ottocentesca oppure se ti sei formata in università attraverso un solido curriculum storico-artistico; ecco allora che la tua camera da letto si trasforma nel college di epoca vittoriana dove tu, scolaretta maliziosa e irriverente, devi subire l’inevitabile punizione che ti imporrà il tanto intrigante pedagogo. Basta un attimo e ops… ti ritrovi posizionata a carponi, sulle sue ginocchia, con la gonna rialzata e le natiche pronte subire i colpi della sua nerboruta mano.
Perché la pratica della sculacciata trae linfa dall’immaginario erotico di ambientazione scolastica, che si alimenta delle descrizioni fornite da Jean Jacques Rousseau nelle Confessioni, passando per le combinazioni cesellate dal gran marchese De Sade o dalle stampe inglesi della seconda metà dell’Ottocento. Fino al celeberrimo dipinto di Balthus: la lezione di chitarra. Opere diverse, elaborate su supporti differenti e con contenuti lontanissimi, eppure tutte accomunate dalla presenza di una coppia di figure, una dominante e una sottomessa. Come impedire però che la componente sadica non si trasformi in qualcosa che s’impone sorda al volere e al piacere altrui? Si parte dal feeling tra le parti, e dal condiviso desiderio di sperimentare; ed occorre, dopo avere applicato qualche piccolo trucco – come ad esempio trovare una comoda posizione, perché sarebbe ben misera la figura se nel bel mezzo ci si ritrovasse costretti a sospendere tutto per l’arrivo di un dolorosissimo crampo! –, lasciarsi andare con fiducia. Fate togliere anelli e bracciali a colui che sculaccia, ricordando allo stesso che le vostre chiappe non sono una pallina da smashare a Wimbledon. Perché lo spanking sia indimenticabile non deve durare troppo tempo, non essere esclusivo (cioè deve alternarsi a momenti di altra e diversa intimità) e, soprattutto, deve prevedere la disponibilità del carnefice a trasformarsi in angelo pronto a spalmare quintali di arnica sulle tue estremità piegate.

Praticare lo spanking può inoltre consentire – prendete nota, o architetti in ascolto! – la ri-funzionalizzazione degli spazi della coabitazione. Se ad esempio si sta preparando una cenetta, una volta messa in forno la parmigiana, si può decidere di trascorrere il tempo necessario alla cottura della prelibatezza in modo alternativo: dai una lavata alla taglierina su cui, fino a pochi minuti prima, ha affettato le melanzane e fai cadere alle caviglie la gonna. Stai pure sicura che il tuo compagno troverà il modo di usare nel modo più divertente l’oggetto riconvertito.   
L’ultima questione riguarda i segni sulla pelle.
Anche se il portare le stigmate può avere un qualcosa di sensuale, magari perché sollecita il ricordo e risveglia forti emozioni, se a casa ti attende un marito forse conviene evitare.

#JeanJacquesRousseauLeConfessioni;#lesculacciateerotiche; #cinquantasfumaturedi grigio; #Balthus