Consigli per una vita di coppia felice e per una singlitudine serena, senza troppi sensi di colpa.

giovedì 21 settembre 2017

Separate alla nascita. Number 6: il ruspista calabro

Ripensando ai fetenti incontrati nella mia vita avrei anche potuto proseguire nel racconto delle mille piccole angherie subite negli anni della scuola. 
Come non soffermarsi sul professore di storia misogino, che in terza liceo mi rimandò dicendomi, col sorriso sulle labbra, che avevo bisogno di una lezione che mi insegnasse il valore dell’umiltà; come non andare col pensiero alla preside nostalgica del ventennio, che mi strappò di mano i manifesti contro l’aborrita fusione tra i licei della mia città
Studiare storia durante l’estate non mi ha però fatto poi così male, e anche la preside – dopo qualche anno nel fantastico mondo della scuola – in fondo qualche ragione poteva anche averla. 
Dunque no, non vi parlerò di un altro fetente incontrato nel mondo della scuola; bensì del periodo in cui facevo l'archeologa, e mi aggiravo in un cantiere sperduto nella campagna parmense. Moi e la ruspa col suo conducente, cioè. Soli e dimenticati da Dio, a tracciare una trincea sotto il sole cocente dell’estate padana. Dicevo del ruspista, che era giovane e simpatico. Ebbene, egli m’invita un giorno sulla sua cabina. Per farmi vedere quale meraviglia… Figuriamoci, io sono letteralmente entusiasta. Non è forse il mio sogno di bambina, abituata a giocare anche coi giochi degli amichetti maschi? E poi azionare la benna, per un’archeologa adusa alle brugole, ai fili a piombo e ai badili, rappresenta un vero e proprio frutto proibito. Ve lo immaginate? Potere vedere dall’alto di una benna la trincea che si sta scavando… (lasciate stare, compatitemi… ero giovane, poi mi è passata…).
Allora, ingenuamente accetto con trasporto l'invito. Del resto il ruspista è gentile, mi parla di moglie e dei figli piccoli; è basico, ma non è un problema. E poi in quel contesto io sono il suo capo. Godo dunque di un’indiscussa autorità! Qualche cosa tuttavia non deve avere funzionato benissimo, perché non appena salita in cabina, percepisco che c’è qualcosa che non funziona. E lo capisco dal tono con cui esclama: Focu meu… Ecché, vuoi per caso azionare il mio cambio?
Ha forse un improvviso attacco d' asma? (nel qual caso forse è il caso che corra in farmacia per acquistargli un provvidenziale Ventolin!)
Non è che sta per eiaculare? (nel qual caso la cosa mi farebbe un tantino impressione!)
Non capendo il calabrese stretto, ed essendo un pochino tonta, mi ritrovo pure a domandargli di ripetermi l’ultima aspirazione… magari scandendo bene il singulto… Poi abbasso lo sguardo e intercetto i pantaloncini del ruspista. A quel punto finalmente capisco il metaforico significato della parola cambio, senza neppure bisogno di ricorrere a google traduttore.
Gli anni di cantieri insegnano. Specie se ti tocca stare sola tra muratori che hanno frequentato Poggio Reale assai più della scuola, che scrivono "putana" sui tubi Snam o che sono stati sponsorizzati per il lavoro dal noto filantropo Sandokan o’macellaio
Senza scompormi troppo, e senza alzare la voce, allora rispondo:la ringrazio infinitamente della spumeggiante esperienza, tuttavia ora la prego di farmi scendere. Così mi eviterà di denunciarla per molestia, rendendo noto l'accaduto alla sua gentile consorte, alla Soprintendenza e all’avvocato.
Sono convinta che della Soprintendenza e dell’avvocato al ruspista fregasse zero, ma al sentir pronunciare la parola “gentile consorte” il bollente spirito del calabro operaio si è spento. Io le conosco bene le donne de Sud, mica ci si può troppo scherzare con loro… Il poveruomo deve avere visto passare la morte in faccia!

E così non ho potuto ammirare dall’alto di una benna lo scavo della trincea, che peccato… 
Nessuno che mi inviti ancora? Please, senza optional inclusi…

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