Ripensando
ai fetenti incontrati nella mia vita avrei anche potuto proseguire nel racconto
delle mille piccole angherie subite negli anni della scuola.
Come non
soffermarsi sul professore di storia misogino, che in terza liceo mi rimandò
dicendomi, col sorriso sulle labbra, che avevo bisogno di una lezione che mi
insegnasse il valore dell’umiltà; come non andare col pensiero alla preside nostalgica
del ventennio, che mi strappò di mano i manifesti contro l’aborrita
fusione tra i licei della mia città.
Studiare
storia durante l’estate non mi ha però fatto poi così male, e anche la preside –
dopo qualche anno nel fantastico mondo della scuola – in fondo qualche ragione
poteva anche averla.
Dunque no, non vi parlerò di un altro fetente incontrato
nel mondo della scuola; bensì del periodo in cui facevo l'archeologa, e mi aggiravo in un cantiere sperduto nella
campagna parmense. Moi e la ruspa col
suo conducente, cioè. Soli e dimenticati da Dio, a tracciare una trincea sotto il
sole cocente dell’estate padana. Dicevo del ruspista, che era giovane e
simpatico. Ebbene, egli m’invita un giorno sulla sua cabina. Per farmi vedere
quale meraviglia… Figuriamoci, io sono letteralmente entusiasta. Non è forse il
mio sogno di bambina, abituata a giocare anche coi giochi degli amichetti
maschi? E poi azionare la benna, per un’archeologa adusa alle brugole, ai fili
a piombo e ai badili, rappresenta un vero e proprio frutto proibito. Ve lo
immaginate? Potere vedere dall’alto di una benna la trincea che si sta scavando…
(lasciate stare, compatitemi… ero giovane, poi mi è passata…).
Allora, ingenuamente accetto con trasporto l'invito. Del resto il ruspista è gentile, mi parla di moglie e dei figli piccoli; è basico, ma non è un problema. E poi in quel contesto io sono il suo capo. Godo dunque di un’indiscussa autorità! Qualche cosa tuttavia non deve avere funzionato benissimo, perché non appena salita in cabina, percepisco che c’è qualcosa che non funziona. E lo capisco dal tono con cui esclama: Focu meu… Ecché, vuoi per caso azionare il mio cambio?
Allora, ingenuamente accetto con trasporto l'invito. Del resto il ruspista è gentile, mi parla di moglie e dei figli piccoli; è basico, ma non è un problema. E poi in quel contesto io sono il suo capo. Godo dunque di un’indiscussa autorità! Qualche cosa tuttavia non deve avere funzionato benissimo, perché non appena salita in cabina, percepisco che c’è qualcosa che non funziona. E lo capisco dal tono con cui esclama: Focu meu… Ecché, vuoi per caso azionare il mio cambio?
Ha forse un improvviso attacco d' asma? (nel qual caso forse è il
caso che corra in farmacia per acquistargli un provvidenziale Ventolin!)
Non è che sta per eiaculare? (nel qual caso la cosa mi farebbe un tantino
impressione!)
Non capendo il calabrese stretto, ed essendo un pochino tonta, mi ritrovo pure a domandargli di ripetermi l’ultima aspirazione… magari scandendo bene il singulto… Poi abbasso lo sguardo e intercetto i pantaloncini del ruspista. A quel punto finalmente capisco il metaforico significato della parola cambio, senza neppure bisogno di ricorrere a google traduttore.
Non capendo il calabrese stretto, ed essendo un pochino tonta, mi ritrovo pure a domandargli di ripetermi l’ultima aspirazione… magari scandendo bene il singulto… Poi abbasso lo sguardo e intercetto i pantaloncini del ruspista. A quel punto finalmente capisco il metaforico significato della parola cambio, senza neppure bisogno di ricorrere a google traduttore.
Gli anni di cantieri insegnano. Specie se ti tocca stare sola tra
muratori che hanno frequentato Poggio Reale assai più della scuola, che
scrivono "putana" sui tubi Snam o che sono stati sponsorizzati per il
lavoro dal noto filantropo Sandokan o’macellaio.
Senza scompormi troppo, e
senza alzare la voce, allora rispondo:la ringrazio infinitamente della spumeggiante esperienza,
tuttavia ora la prego di farmi scendere. Così mi eviterà di denunciarla per
molestia, rendendo noto l'accaduto alla sua gentile consorte, alla
Soprintendenza e all’avvocato.
Sono convinta che della
Soprintendenza e dell’avvocato al ruspista fregasse zero, ma al sentir
pronunciare la parola “gentile consorte” il bollente spirito del calabro
operaio si è spento. Io le conosco bene le donne de Sud, mica ci si può troppo
scherzare con loro… Il poveruomo deve avere visto passare la morte in faccia!
E così non ho potuto
ammirare dall’alto di una benna lo scavo della trincea, che peccato…
Nessuno
che mi inviti ancora? Please, senza optional inclusi…
Nessun commento:
Posta un commento