Sono
allergica ai fidanzamenti in casa, e pure agli scambi di regali a Natale tra
parenti acquisiti; per questo ho sempre pensato che in un rapporto l’unica cosa
che conti realmente sia l’essere “io e lui. Tutto il resto dovrebbe rimanere sullo
sfondo, come la musica in filodiffusione nel lift di un grande albergo
stellato; come quel ripetitivo motivetto che riconosci all’ingresso di un
centro commerciale, lo stesso che non distingui ormai più una volta arrivata al
reparto attrezzi da giardinaggio (confuso con mille altri rumori, vociare di
donne e bambini).
Spirito libero ed anarchico, assai ben disposto nei confronti
dei legami a distanza, ho sempre considerato una barbarie dividere lo stesso
letto. Una pratica sadomasochistica a cui non avrei mai e poi mai ceduto.
Una
fiera allieva di Simone de Beauvoir?
Piuttosto una donna che non sopporta
l’uomo che russa; perché l’essere maschile ha, purtroppo, assai spesso questo
brutto vizio. Ed ammetto di avere ceduto spesso all’esasperazione, lasciandomi
andare anche a gesti violenti con chi, vuoi per un banale raffreddore o per una
cattiva conformazione tracheolaringofaringea, commetteva l’errore di destarmi nel
cuore della notte. Aggiungiamo il fatto che sono una che ama leggere fino a
tardi. Guai a quell’uomo che, standomi accanto, magari osasse prendere a rigirarsi
nel letto come una trottola, magari lamentandosi perché non riesce a prendere
sonno a causa della luce accesa! E completiamo il quadro rivelando che preferisco
infine dormire da sola, in modo da poter occupare ogni angolo del letto. Magari
anche in diagonale, magari avvolgendomi nelle coperte “come un pisello nel suo
bacello”. Alla luce di tutte queste piccolissime paranoie potete ben capire
quale tormento possa essere il condividere un letto colla sottoscritta: solo
eroici combattenti, pronti a sfidare l’Erinni, possono dunque affrontare la
tremenda prova!
Ma
nonostante questo mio brutto carattere ogni tanto i begli occhi verdi di
qualche fidanzato ha fatto breccia nella corazza, convincendomi a concedere qualche
centimetro di spazio del letto a chi mi paresse sufficientemente maturo per affrontare
quella prima prova tecnica di convivenza.
Nel
caso specifico la persona di cui vi voglio raccontare, capace di fare breccia
nel muro della mia indipendenza onirica, era un ragazzo molto simpatico e tanto
carino, così sicuro di sé tanto da far capitolare la “ragazza con la valigia
sempre pronta”. Un ragazzo che, dalle premesse, pareva in grado di fare
funzionare la storia. Purtroppo non tutte le ciambelle riescono col buco, e
avrei scoperto sulla mia pelle che quella persona aveva il piccolo difettuccio
di volere avere il pieno controllo sulla mia vita. Ma vi rendete conto?!?!?
Passi per la tavoletta del cesso perennemente alzata, passi pure per quella
sfegata passione per la Juve (e per l’acqua Uliveto, come omaggio a Del Piero)…
Sulla gelosia no, sulla gelosia proprio non transigo. Anche perché il soggetto,
che ho già detto molto caruccio, e quindi da sempre abituato a spartire le sue
grazie con più fanciulle inconsapevoli, aveva fatto l’errore di rivelarmi
l’esistenza di una sua agenda segreta. Su quell’arnese diabolico, il tipo aveva
avuto il cattivo gusto di annotare, come se si trattasse di una guida Michelin,
una serie di stelline a fianco di ogni nome di donna. La diversa abilità nelle
prestazioni erano poi dettagliatamente elencate e classificate, con nome e
stelline a seconda delle prestazioni). Insomma, il playboy di provincia, il
lupo cattivo tanto affascinante, l’uomo di mondo che si concede a multiple
relazioni, si rivelava il più tradizionale dei conformisti. Al punto da
arrivare a pedinarmi, tanto era diventato sospettoso. Non avendo una grande
pratica nella gestione di questi Otello in salsa rusticana (per il semplice
motivo che non ho mai maturato il concetto di proprietà), e non essendo neppure
particolarmente capace nell’uso della tecnologia (e, anche se lo fossi stata,
non avevo la minima intenzione di perdere tempo cancellando tutti i messaggi
scambiati con amici ed amiche), succedeva che liti fossero all’ordine del
giorno.
Robe
dell’altro mondo, insomma. Anche perché, dopo l’ennesimo scontro, tanto per
cambiare per il fatto di averlo trovato col mio cellulare in mano, intento a
digitare numeri ed associare volti, egli mi guarda e a sorpresa, incurante di
avermi fin lì scaricato addosso la solita valanga di insulti, mi chiede di andare
a vivere con lui. Definitivamente, cioè
– per chi non lo avesse capito – chiedendomi proprio di sposarlo. Il tutto,
udite udite, perché mi amava e perché – BLA BLA BLA – in tal modo sarebbe riuscito ad educarmi e rimettermi una buona volta sulla giusta
carreggiata. No ditemi, ma si può essere più stupidi? In quel preciso
momento ho pensato che dovevo allontanarlo, possibilmente nel modo più doloroso
possibile e dandogli una lezione che non avrebbe dimenticato. Mi sentivo pure
una sorta di vendicatrice stile Avengers, perché grazie a me avrebbero trovato
soddisfazione tutte quelle ragazze col nome associato ad una serie di stelline.
Poi avevo anche il sangue agli occhi: cosa significava il fatto che “mi avrebbe
educato alla normale vita di coppia?”. Che se fossimo convolati a nozze dopo un
minuto mi sarei ritrovata chiusa in casa, magari a lavare i piatti del pranzo
di nozze?
Allora
ho approfittato di una cena con un amico (ecco, non pensate male; era proprio
un amico di quelli più cari, di quelli con cui si può partecipare alla gara di
rutti della festa della birra). Ero dunque al ristorante con questo amico,
quando giunge l’ennesima sua telefonata di controllo. Rispondo, saluto, BLA BLA
BLA, risaluto e lascio volutamente il cellulare acceso sul tavolo. Con lui
ancora in ascolto, pensandosi fortunato perché poteva spiarmi senza che me ne
accorgessi, a chiare lettere, senza troppi giri di parole (come solo
un’emiliana può fare), scandendo bene e sillabando pronuncio: “Dal momento che
questa sera è stato più stronzo del solito, annuncio urbi et orbi che da questo momento la do' via come il pane!”.
Dall’altro
capo della cornetta non ho sentito più nulla, che si sia indispettito?
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