Consigli per una vita di coppia felice e per una singlitudine serena, senza troppi sensi di colpa.

domenica 2 dicembre 2018

20 giorni di solitudine: e non ho neppure bisogno di leggere Marquez



Giorno 1
Ieri te ne sei andato lasciandoci come satelliti dispersi in orbita. Così, in un istante, diventiamo spazzatura alla deriva. Naufraghi inconsapevoli assediati da voci confuse e messaggi concitati da parte di chi, solo ora, ha compreso solo la tua assenza futura: ma come? È uscito di casa? E tu? E i bambini come, come stanno? Che farete adesso? Cosa significa? Eh, certo però anche tu..sicuramente ha un’altra.. è impazzito?”..
I whatsapp si rincorrono come sciame di api alla ricerca dell’alveare distrutto da un monello idiota. Tutti cercano di convincermi che “finalmente, era ora!”“forse è solo la crisi di un uomo arrivato alle soglie dei cinquanta”.
Tu hai deciso.
Non mi hai concesso replica e all’istante ti sei trasformato in uno sconosciuto, freddo, distaccato, vuoto della nostra vita insieme.
Io, non me lo aspettavo.
È vero, avevamo avuto momenti di crisi e forse c’erano stati dei presupposti, ma non credevo di essere davanti alla porta dell’inferno.  Di essere in possesso di un biglietto per un viaggio senza ritorno.
Quando mi hai annunciato che volevi la separazione, io sono rimasta gelata, basita, incapace di realizzare.
Non mi aspettavo l’ineluttabile dal mio compagno (sai bene quanto odi il termine “marito” con tutto quel suo carico di retaggio patriarcale).
Ho colpe? Certo e tante ma ti giuro che con te ero felice. Non volevo nulla; non ti chiedevo nulla, se non forse di un po’ di attenzione in più.
Avevo bisogno di poco: volevo solo ballare.

Giorno 2
La notte è trascorsa abbastanza serena nonostante il dolore che sento avanzare sordo come un temporale all’orizzonte. Ancora non ho preso perfettamente coscienza della tua assenza in casa.
Anche i nostri figli si aggirano come se niente fosse: continuano la loro vita fatta di studio, amici e routine. La piccola di casa, invece ha uno sguardo triste. Questa mattina l’ho sorpresa da sola a fare colazione. Prima c’eri tu che la svegliavi con un bacio e qualche coccola, ora, sorprenderla seduta, malinconica davanti alla sua tazza di latte mi ha stretto il cuore.
Ho avvertito freddo e sono corsa a cercarle un maglione pensando avesse freddo pure lei.  

Giorno 3
Oggi ho incontrato per la prima volta il mio avvocato. Ho deciso di assumerne uno solo mio. Non voglio condividere lo stesso con te perché sarebbe ingiusto. Sarebbe farmi violenza da sola. In fondo hai deciso tu e da tempo lo meditavi. Pertanto non vedo il motivo di fingere davanti ad un estraneo una separazione educata e consensuale. Consensuale un cazzo: io subisco lo strappo e non ho voglia di interpretare il ruolo della signora per bene che accetta passivamente per il quieto vivere. No, se posso giuro ti cavo anche il sangue. E i figli?
Te li concedo un giorno a settimana.

Giorno 4
Ti ho scritto dopo una notte in bianco. Tu, ovviamente non hai risposto subito. Possibile che l’unica cosa che sai dirmi è “spero tu riesca a trovare la felicità” dopo 20 anni di matrimonio? Mi aspettavo un pensiero più articolato e complesso che non due righe che rimbombano di falso e di vuoto.
Un eco stonato carico di ovvietà.  

Giorno 5
Ho aperto il tuo armadio e ho notato gli spazi vuoti tra una giacca e l’altra. I cassetti sono già stati saccheggiati del loro contenuto. Oggi ho toccato con mano cosa significhi essere monade.
Ho pianto. Si, ho pianto con i singhiozzi come non mi capitava da tempo. Sono in bilico tra i sensi di colpa, l’orgoglio ferito e la paura verso un futuro incerto. Per la prima volta, da quando hai deciso di chiudere alle tue spalle la porta di casa nostra, ho avvertito il silenzio.
Mi sono improvvisamente trovata sola, indecisa per un istante se lasciarmi cullare dall’apatia. I figli preoccupati mi vedono zoppicante lungo il limite dell’oscurità. Sono consapevole del salto che mi attende…
Tutti mi dicono che questo è il prezzo da pagare in una separazione, ma ti giuro che avrei preferito morire piuttosto che perdere te. Eppure è accaduto.
Mi continuo a chiedere il senso di tanto strazio e quale significato potrà assumere nel corso della mia vita. Mi aiuterà a crescere? A non ricommettere i medesimi errori con un altro uomo? Ma chissenefrega del poi.
Io rivoglio il mio passato prossimo.

Giorno 6
Oggi hai finalmente visto i nostri figli. Uno alla volta, per carità.  Hai concesso loro solo pochi istanti. Temi forse di sentirti troppo padre? Non si sa mai che una botta di nostalgia faccia traballare il tuo proposito di addio. Tranquillo, ci sono io a ricordartelo. Non si torna indietro! La tela ha bisogno di nuovi colori per diventare capolavoro.
Vedi non hai detto addio solo a me, ma anche ad un mondo fatto di affetti e quotidianità. Di spazzolini da denti consumati, colazioni insieme, discussioni stupide su chi deve portare fuori il cane.
Ma non ti mancano le nostre voci?

Giorno 7
Ho messo mille euro su quello che d’ora in poi sarà il nostro conto comune per le spese di casa e per il mantenimento dei figli. Ti chiedo di partecipare con una tua parte. Abbiamo ancora da pagare alcune bollette, la donna di servizio, la danza della piccola.. e volevo anche aggiungere che ho acquistato due libri ad A. per la scuola.
Totale libri 31 euro.
Quindi mi devi la metà.

Giorno 8
Chi va a prendere O. a scuola? Chi la recupera da danza nel tardo pomeriggio? Io sono al lavoro, avrei bisogno di sapere in anticipo i tuoi spostamenti ed impegni in modo da gestire al meglio la situazione. I figli non sono pacchi postali.
Perché non sei salito a salutarci quando hai riportato a casa la bimba? Scusa, ti sembra giusto? Non esiste solo la figlia piccola: i due grandi ci sono rimasti male. Ti aspettavano anche solo per un saluto veloce.
Non esiste una fuga per la vittoria. Questo non è un film a lieto fine.   

Giorno 9
È durissima, di notte spesso non dormo. Sono nel lettone insieme ad O. e al cagnolino.
Il nostro cane avverte la tua mancanza tanto da non stare distante da qualcuno.
Non puoi immaginare gli incubi che mi assalgono, ricordi e immagini di vacanze trascorse insieme, di momenti vissuti e tanta paura. Ma a quanto dolore mi hai costretta?
Comunque ho deciso di resistere. Stringo i denti e combatto tra il desiderio feroce di odiarti e cancellarti per sempre e quello di averti accanto.
Come hai potuto lasciarmi dopo avere fatto l’amore con me?

Giorno 10
Ho il cuore straziato: questa sera mentre cenavo con i nostri figli, guardavo il tuo posto vuoto. P. si è reso conto del mio sguardo triste così gli è venuto naturale sedersi lì.
Ora è lui l’uomo di casa.
Domenica scorsa ero proprio disperata. Gli amici di Milano, si sono presi cura di me e i ragazzi. Hanno cercato di creare un clima sereno nonostante io fossi chiusa in camera a singhiozzare.   
No, non è facile. Non lo auguro a nessuno.
Evito il più possibile di percorrere da sola le strade del centro: fino a qualche giorno fa eravamo ancora mano nella mano o seduti davanti ad un calice.    
Le amiche mi spingono a non mollare, a continuare a vivere ma soprattutto a non farmi una colpa di essere quella che sono.  
Domani vedrò una psicologa perché, a differenza tua, che hai sempre rifiutato un confronto con la tua interiorità, io, invece, ho bisogno di essere guidata per fare ordine in questo caos di sentimenti contrastanti. No, non preoccuparti, non ho intenzione di chiudermi a riccio e diventare refrattaria alla vita.
Io non precipito mai.
Io cado sempre in piedi.   

Giorno 11
Ho avuto molte cosa da fare: impegni a scuola, un giro in palestra, appuntamento con la mia counselor e tante telefonate. Cerco di mantenere una parvenza di normalità almeno negli impegni quotidiani. Una cosa, però, è cambiata: la gestione del mio tempo. Ora sembra tutto scandito dalle lancette e ti sembrerà strano ma nessuno di noi sgarra un secondo. Abbiamo tutto cronometrato come maratoneti pronti allo start. Scattiamo sull’attenti quando suona la sveglia e iniziamo la nostra giornata. Mi manca la tua presenza in cucina.
Ora il caffè lo bevo da sola.                  

Giorno 12
Oggi mi sono svegliata inquieta. Come sempre non ho dormito e alle 4 ero in piedi a guardare fuori dalla finestra un cielo grigio e carico di pioggia.
Fa freddo, credo che abbiamo sbagliato a fare il riscaldamento a pavimento così come quel colore melanzana alle pareti della cucina. Hai notato quanto è buia la nostra casa?
Mi sono resa conto che, dieci anni fa, quando abbiamo ristrutturato, ci siamo affidati a troppe voci. Tutti hanno detto la loro, ma noi non abbiamo mai detto la nostra su come dipingere le pareti, piastrellare i bagni o disporre le stanze.
Ho intenzione di arredare come pare a me. In questi anni abbiamo abdicato al dovere di accudire il nido; nessuno di noi aveva tempo per occuparsi della casa. Sentivamo strette queste pareti e ogni occasione diventava evasione dalla quotidianità. 
Negli ultimi tempi, quante volte mi sono sorpresa ad odiarti. Non sopportavo, infatti, di vederti ogni giorno seduto in cucina davanti al tuo computer, tra briciole di qualche pasto mal digerito, libri alla rinfusa e tazze sporca di caffè.
Fazzoletti di carta usati, il pane raffermo, fotocopie segnate da geroglifici in rosso e libri aperti erano il panorama di una cucina abusata e dissacrata. La mia casa, la nostra casa si era trasformata a poco a poco in una prigione. 
Ora io e i ragazzi ci impegniamo a mantenere l’ordine in particolare dove si mangia insieme. Finalmente ho imparato a fare la lavastoviglie.
Non che riesca sempre a mettere al giusto posto i bicchieri: la geometria analitica dello spazio continua ad essere un problema.   

Giorno 13
Ieri sono andata a fare per la prima volta la spesa senza pensare di acquistare le tue verdure preferite o il taglio di carne. Con orgoglio ammetto di avere ceduto sul doccia schiuma costoso. Ho deciso di abolire i prodotti discount che tu amavi tanto acquistare come spregio alle multinazionali. Ammetto che mi sono concessa il tempo di selezionare solo le marche più note, annusando tutte le profumazioni possibili e scegliendo in base alla grazia del contenitore.      
Io scelgo sempre il meglio.
Ecco dove ho sbagliato: con te mi sono accontentata.

Giorno 14
Non me ne frega un cazzo se il tuo avvocato dice che…io voglio la metà delle spese per i figli. Fino a prova contraria i tuoi figli stanno sopravvivendo con il mio stipendio di insegnante.

Giorno 15
Questa mattina mentre facevo colazione si sono palesati i tuoi genitori. Tua madre mi ha chiesto come stavo.
Ovviamente le ho risposto male.
Non ha nascosto una punta di sadico compiacimento: ha cercato pure di fare la simpatica con l’infelice battuta del tipo “fattene una ragione dai!”.  La cara signora mi ha consigliato pure di farmi seguire da uno psicologo. Buffo no? Proprio lei, nota collezionista di fallimenti pedagogici, mi consiglia uno psicologo!
Dimenticavo: avverti pure i nonni paterni che vedranno la figlia piccola nei giorni stabiliti dal giudice.
Ho intenzione di battermi per ogni insignificante diritto che mi aspetta in questa separazione.  

Giorno 16
Questa notte ti ho scritto. Ero molto arrabbiata. Ti ho chiesto ripetutamente se tu avessi un’altra. Ammetto che ho cercato qualche indizio sul tuo profilo facebook, ma non ho scorto nulla di significativo. Le persone con cui parlo della nostra separazione danno tutte per scontata la presenza di un’altra donna. Così ho iniziato a dubitare di una persona e in preda ad un attacco feroce di follia ho fatto quello che mai avrei immaginato: ho telefonato a quella persona e le ho chiesto se aveva una relazione con te.
Quanto coraggio ci vuole per dare voce alle emozioni?
Voglio la verità.

Giorno 17
Oggi i miei avvocati mi hanno comunicato che il tuo ha lamentato il mio comportamento: mi ha accusato di stalking per i messaggi che ti ho inviato l’altra sera!                  
Stai scherzando vero? Fino a prova contraria sei ancora mio marito ed io ho tutti i diritti di renderti partecipe del mio dolore o dei miei dubbi. Inoltre non sei stato tu a dirmi che non sarebbe cambiato nulla? Che il dialogo tra noi ci sarebbe sempre stato?
Sono rimasta allibita da tanta arroganza e mancanza di sensibilità…
Volevo ricordarti (e bada bene: non è stalking) che dobbiamo versare 300 euro per la gita del figlio grande.

Giorno 18
Sono rimasta senza parole quando l’avvocato mi ha chiesto di oscurare il mio blog e temporaneamente sospendere il progetto del libro per evitare, se finissimo in giudiziale, di essere accusata di tutte le nefandezze di una Semiramide.
Mi è sembrato strano ricordare loro che sono una scrittrice e che mi occupo di sessualità. A dire il vero sono pure in buona compagnia: ci sono bravissime autrici che trattano i miei temi e non credo che siano tutte delle Erodiadi.
Comunque io non ho intenzione di vergognarmi di nulla, tanto meno di quello che scrivo: esiste la finzione narrativa e la libera espressione artistica.

Giorno 19
No, non ti amo più. Avevi ragione quando me lo facevi notare. Dopo ieri mi è calata la catena: non ho più motivi per difendere il mio dolore. Sono stata accusata di stalking da parte del tuo avvocato e mi è stata paventata la censura ai miei scritti perché ritenuti troppo licenziosi al fine di una giudiziale (povera Anais Nin, povera  Colette, mie maestre e guide, oggi sareste accusate di immoralità e messe alla gogna).
Forse poche ore prima di questi tristi annunci avrei strisciato pur di riaverti. Mi è bastato così poco: l’ipocrisia, il perbenismo e l’ignoranza per farmi immediatamente cambiare idea.
Non provo più nulla: solo una punta di compassione per tutti noi che sembriamo scimmiottare un brutto dramma borghese (chissà, forse Ibsen ci avrebbe raccontato in un’opera teatrale se ci avesse conosciuti: una moglie un po’ matta, un marito preoccupato del suo buon nome e un’orchestra di voci intorno pronte a emettere sentenze).
Ebbene, in questa piccola città, chi è senza peccato, forza, scagli la prima pietra.   

Giorno 20
Ho messo via un po’ di rumore.
Ho messo via un po’ di illusioni
Che prima o poi basta così..
Ho messo via un po’ di consigli
Dicono è più facile
Li ho messi via perché a sbagliare
Sono bravissima da me..
(Ligabue, Ho messo via)

Benvenuta vita, che tu sia benedetta.

ps: ogni scrittore  non può far a meno di raccontarsi. Ovviamente ho tratto ispirazione dal personale enfatizzando però la situazione e trasformandola in finzione letteraria. Io, non solo amo moltissimo il mio ex marito per il quale nutro una stima profonda e gratitudine per questi venti anni di relazione (e' solo per merito suo per cui oggi mi posso guardare allo specchio orgogliosa di essere quella che sono), ma la nostra separazione è stata assolutamente condivisa e meditata da parte di entrambi. Pertanto il mio breve diario è solo parzialmente coerente con una realtà vissuta.