Prendo
spunto da un articolo uscito un paio di giorni fa sul Fatto Quotidiano, dal titolo: Sex
Toys, la prima volta dell’Italia. Storico spot in onda su Mediaset e
La 7.
Dico
subito che sono rimasta senza parole. Ma
quello non era il giornale degli scandali politici sbattuti in prima pagina e
dei racconti delle serate eleganti ad Arcore? A quanto pare anche loro si sono
evoluti, e si sono addirittura sintonizzati sulle frequenze di Radio Stoccolma
International. E se Il Fatto Quotidiano
sdogana l’utilizzo di oggettistica erotica in Italia, beh allora stiamo davvero
evolvendo e ormai si può tranquillamente parlare di sesso al femminile. Dunque il prossimo passo che mi aspetto sia
compiuto dal sistema dei media nazionale è la richiesta d’avvio di un bel programma
di apprendimento della lingua svedese fin dalle elementari (per non parlare del
distributore di preservativi nei bagni della scuola superiore).
Insomma,
anche l’Italia, paese di santi, navigatori ed eroi, sta scoprendo come esistano
donne che non vogliono essere più considerate solo in quanto madri. E il fatto
che la sveglia sia stata suonata dalla pubblicità televisiva, vero e proprio
altare laico dei nostri tempi, mi appare altamente significativo: anche nel
paese dei campanelli, dunque, è giunta l’ora di affrontare il tema della
sessualità femminile, senza tabù o pruderie. Perché – mi raccomando, care
amiche, non mentite a voi stesse – siamo in molte a tenere nel comodino, ben
nascosto dietro i santini della Cresima e i braccialetti del battesimo, laggiù
in fondo in fondo, un bel gioco erotico.
Le
storie sono spesso uguali tra loro.
Alcune
di noi lo hanno ricevuto come regalo dall’amica mattacchiona e disinibita; in
genere dopo una storia finita. Anche perché si tratta di un antichissimo simbolo
di buon augurio; e, lo dice anche Alberto Angela, proprio quei sapientoni degli
antichi romani erano soliti esporre ben attrezzati Priapi nelle loro dimore: servivano
a portare fortuna, oltre evidentemente che come attaccapanni un po’ freak per
appendere il mantello bagnato.
Altre
di noi sono state omaggiate dal coniuge (perché in fondo il “coso” costa sempre
meno di un brillante; e, a differenza dell’anello, si può sempre condividere ….).
Altre
ancora l’hanno invece acquistato in autonomia. E come dare loro torto? Il
“coso” anzitutto di notte non russa; dopo l’uso lo si può riporre senza soffermarci
troppo in noiose coccole postcoito. In più pare non sia neppure geloso nel caso
si decidesse di sostituirlo con un altro modello (magari di quelli più attivi
nel corso del rapporto, capace di prendere anche un paio di decisioni in
autonomia).
Last but not least, se il “coso” è un oggettino di marca
può allora può diventare addirittura très
chic sfoggiarlo. Che so, magari ad una cena tra amiche. Come simbolo certificatore
di una libertà finalmente riconquistata.
Insomma,
grazie a MysecretCase – la prima
azienda a lanciare uno spot sulle reti televisive – ho dunque scoperto come il
vibratore sia un prodotto molto richiesto, al nord come al sud. Potevo
lasciarmi sfuggire allora l’occasione di vedere questo benedetto, innovativo e
sbarazzino spot?
L’inserzione
pubblicitaria è passata prima su “Cielo”, su “Real Time”, su “Dimax” e sulla “Nove”;
poi, qualche giorno fa, anche sulle reti Mediaset e su “La 7” di Cairo editore.
Dunque siamo a buon punto, perché la rivoluzione sta avvicinandosi alla presa
del palazzo d’Inverno di RAI 1; e non vedo l’ora di ammirare Francesco Giorgino
che introduce (ops… ho sbagliato verbo) lo spot del “coso”…, magari subito dopo
un bel servizio su papa Bergoglio.
Il
plot narrativo è certo accattivante, studiato per farci sentire tutte protagoniste:
al contrario di quel di solito accade, non abbiamo infatti a che fare con una
testimonial ventenne, bensì con una signora che viaggia, con grande dignità,
sul crinale della cinquantina. Fiera della tinta appena rifatta dal
parrucchiere, la signora, vestita davvero come la mia vicina di casa, brandisce
con gioia e naturalezza un bel dildo rosso. Ammetto che, a quel punto, è
partita la mia personalissima “Ola”. Ho infatti esultato come ad un gol della
nazionale (solo della nazionale, perché a me del calcio non frega assolutamente
nulla; quando gioca la nazionale fingo invece partecipazione… un po’ come certe
notti in cui il sonno supera altri desideri…). E ho pensato: finalmente un
messaggio che suona come un’epocale rivoluzione; una specie di ‘68 del sesso al
femminile! Credo di avere in quel momento udito in sottofondo i Frankie Goes to Hollywood intenti a
cantare, solo per noi MILF, il ritornello di The power of love; ed ammetto pure di avere intravisto in un angolo
Eva Lagoria che dava il cinque a tutte le italiche desperate housewives.
Suggerirei
tuttavia all’azienda di lavorare sullo slogan, perché quel Vogliamo un mondo in cui le donne non sono oggetti sessuali, ma possono
averli tutti mi pare un non troppo riuscito mix tra la retorica barricadera
degli anni Settanta e l’ammiccamento alla consumatrice seriale. E se da una
parte applaudiamo quindi a quell’esibita autonomia del piacere, dall’altra ci
adombriamo per l’ambiguità di quel “possono averli tutti”. Chi vuole cosa? Gli
oggetti o gli uomini? Non si rischia di perdersi nell’autoerotismo, magari
impostando la relazione reale sullo stigma del possesso?
Rimanendo
con questo dubbio, a cui non credo che Mysecret
Case darà mai risposta, mi congedo raccontandovi della mia iniziazione agli
acquisti online su siti che
commercializzano tale categoria merceologica.
Iniziamo
col dire che si tratta di una storia piuttosto recente, raccontatami da un’amica,
su www.ohhh.it (un sito molto carino gestito da due
coniugi con tre figli…., marito, tre figli?... cosa mi ricorda?... boh, tiriamo
innanzi…). Sono allora andata sul sito, ho letto attentamente, e devo dire che
la loro vicenda, oltre che la loro idea di prodotto, mi ha convinta. Prima di
questo viaggetto in rete ero sempre stata molto scettica, un po’ per pigrizia,
ma soprattutto perché assolutamente contraria all’idea di assumere all’interno
del mio corpo qualsiasi sostanza non biodegradabile. Da ex vegana, vegetariana
e sensibile al messaggio karmico, preferisco infatti, sempre e comunque, il
naturale e l’ecocompatibile.
Se
però quella stessa amica m’incalza, magari dicendomi che l’oggettistica è di
design, e pure costruita con materiali Iso 9000 (insomma non solo non sono
state costrette a tristi prestazioni le brave zucchine dell’orto, ma neppure ci
si è piegati alla banalità del calco in lattice del primo pornodivo che passa),
vuoi che non faccia una prova? Vuoi proprio essere l’unica tra le amiche
dell’aperitivo serale a non sapere come si usa la modalità “velocità
alternata”? E se poi dovessi stancarmene? Nessun problema, nel caso il
coniglietto vibrante lo si ricicla come segnaposto pasquale assieme alle uova
dipinte.
Così
mi sono fatta convincere, ho raggiunto il sito (www.ohhh.it) e ho inserito il codice della mia
carta di credito. Mi sono fatta quindi travolgere dalle offerte; rigorosamente
offerte: perché, parliamone laicamente, gli oggetti proposti sono davvero belli
ma certo non per tutte le tasche. Il vino però aveva assolto alla sua porca
funzione di sblocco dei freni inibitori (tanto colla carta di credito ci
penseremo poi…), e quindi, pensando al colore della mia biancheria, mi sono concessa
un vibratore rosso magenta a più
velocità. Visto che c’ero, vuoi non mettere nel carrello anche un paio di
manette? Che, per la foggia particolarmente elegante, ho subito pensato avrebbero
anche potuto essere esibite, all’occorrenza, come braccialetto alternativo. Proprie
queste ultime ho dimenticato nel bagaglio a mano durante l’ultimo viaggio in
Grecia; così, al momento dell’imbarco a Salonicco, quando ti controllano pure
la dentiera, la sottoscritta ha iniziato a suonare come la sirena dell’allarme
antiaereo.
Ragazze,
ripensandoci a posteriori il momento è stato davvero esilarante: non tanto per
l’imbarazzo dei presenti nel veder rotolare assorbenti di ogni tipo, interni ed
esterni, inframmezzati a slip di pizzo e reggiseni a balconcino, quanto per la
faccia dei poliziotti quando hanno trovato le “manette-braccialetto”. Vi lascio
immaginare la scena di me che prova, in un inglese a dir poco maccheronico, a
spiegare, ad una poliziotta più imbarazzata di me, quale fosse la funzione di
quell’oggetto “pericoloso”.
Morale
della favola, il vibratore rosso magenta riposa ora nel cassetto del comodino, privo
di caricabatteria (sottratto da un qualche figlio desideroso di ricaricare il
proprio telefono). Le manette? Non so, ma dicono di averle viste al polso di
una la simpatica poliziotta greca.
E
mentre noto come in Italia sembrino affacciarsi epocali cambiamenti, capaci di fare
sentire le donne un po’ meno casalinghe, o mamme o sante o modelle, in spiaggia
una bambina, figlia della mia vicina di ombrellone, passeggia avanti e indietro
sfoggiando la busta di tela bianca con sopra stampigliato il logo Ohhh.
Che
non sia stata l’unica signorina per bene a fare acquisti?
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