Consigli per una vita di coppia felice e per una singlitudine serena, senza troppi sensi di colpa.

sabato 26 agosto 2017

Chi ha paura del “coso”?


Prendo spunto da un articolo uscito un paio di giorni fa sul Fatto Quotidiano, dal titolo: Sex Toys, la prima volta dell’Italia. Storico spot in onda su Mediaset e
La 7.

Dico subito che sono rimasta senza parole. Ma quello non era il giornale degli scandali politici sbattuti in prima pagina e dei racconti delle serate eleganti ad Arcore? A quanto pare anche loro si sono evoluti, e si sono addirittura sintonizzati sulle frequenze di Radio Stoccolma International. E se Il Fatto Quotidiano sdogana l’utilizzo di oggettistica erotica in Italia, beh allora stiamo davvero evolvendo e ormai si può tranquillamente parlare di sesso al femminile. Dunque il prossimo passo che mi aspetto sia compiuto dal sistema dei media nazionale è la richiesta d’avvio di un bel programma di apprendimento della lingua svedese fin dalle elementari (per non parlare del distributore di preservativi nei bagni della scuola superiore).

Insomma, anche l’Italia, paese di santi, navigatori ed eroi, sta scoprendo come esistano donne che non vogliono essere più considerate solo in quanto madri. E il fatto che la sveglia sia stata suonata dalla pubblicità televisiva, vero e proprio altare laico dei nostri tempi, mi appare altamente significativo: anche nel paese dei campanelli, dunque, è giunta l’ora di affrontare il tema della sessualità femminile, senza tabù o pruderie. Perché – mi raccomando, care amiche, non mentite a voi stesse – siamo in molte a tenere nel comodino, ben nascosto dietro i santini della Cresima e i braccialetti del battesimo, laggiù in fondo in fondo, un bel gioco erotico.

Le storie sono spesso uguali tra loro.

Alcune di noi lo hanno ricevuto come regalo dall’amica mattacchiona e disinibita; in genere dopo una storia finita. Anche perché si tratta di un antichissimo simbolo di buon augurio; e, lo dice anche Alberto Angela, proprio quei sapientoni degli antichi romani erano soliti esporre ben attrezzati Priapi nelle loro dimore: servivano a portare fortuna, oltre evidentemente che come attaccapanni un po’ freak per appendere il mantello bagnato.
Altre di noi sono state omaggiate dal coniuge (perché in fondo il “coso” costa sempre meno di un brillante; e, a differenza dell’anello, si può sempre condividere ….).

Altre ancora l’hanno invece acquistato in autonomia. E come dare loro torto? Il “coso” anzitutto di notte non russa; dopo l’uso lo si può riporre senza soffermarci troppo in noiose coccole postcoito. In più pare non sia neppure geloso nel caso si decidesse di sostituirlo con un altro modello (magari di quelli più attivi nel corso del rapporto, capace di prendere anche un paio di decisioni in autonomia).

Last but not least, se il “coso” è un oggettino di marca può allora può diventare addirittura très chic sfoggiarlo. Che so, magari ad una cena tra amiche. Come simbolo certificatore di una libertà finalmente riconquistata.

Insomma, grazie a MysecretCase – la prima azienda a lanciare uno spot sulle reti televisive – ho dunque scoperto come il vibratore sia un prodotto molto richiesto, al nord come al sud. Potevo lasciarmi sfuggire allora l’occasione di vedere questo benedetto, innovativo e sbarazzino spot?  
L’inserzione pubblicitaria è passata prima su “Cielo”, su “Real Time”, su “Dimax” e sulla “Nove”; poi, qualche giorno fa, anche sulle reti Mediaset e su “La 7” di Cairo editore. Dunque siamo a buon punto, perché la rivoluzione sta avvicinandosi alla presa del palazzo d’Inverno di RAI 1; e non vedo l’ora di ammirare Francesco Giorgino che introduce (ops… ho sbagliato verbo) lo spot del “coso”…, magari subito dopo un bel servizio su papa Bergoglio.
Il plot narrativo è certo accattivante, studiato per farci sentire tutte protagoniste: al contrario di quel di solito accade, non abbiamo infatti a che fare con una testimonial ventenne, bensì con una signora che viaggia, con grande dignità, sul crinale della cinquantina. Fiera della tinta appena rifatta dal parrucchiere, la signora, vestita davvero come la mia vicina di casa, brandisce con gioia e naturalezza un bel dildo rosso. Ammetto che, a quel punto, è partita la mia personalissima “Ola”. Ho infatti esultato come ad un gol della nazionale (solo della nazionale, perché a me del calcio non frega assolutamente nulla; quando gioca la nazionale fingo invece partecipazione… un po’ come certe notti in cui il sonno supera altri desideri…). E ho pensato: finalmente un messaggio che suona come un’epocale rivoluzione; una specie di ‘68 del sesso al femminile! Credo di avere in quel momento udito in sottofondo i Frankie Goes to Hollywood intenti a cantare, solo per noi MILF, il ritornello di The power of love; ed ammetto pure di avere intravisto in un angolo Eva Lagoria che dava il cinque a tutte le italiche desperate housewives
Suggerirei tuttavia all’azienda di lavorare sullo slogan, perché quel Vogliamo un mondo in cui le donne non sono oggetti sessuali, ma possono averli tutti mi pare un non troppo riuscito mix tra la retorica barricadera degli anni Settanta e l’ammiccamento alla consumatrice seriale. E se da una parte applaudiamo quindi a quell’esibita autonomia del piacere, dall’altra ci adombriamo per l’ambiguità di quel “possono averli tutti”. Chi vuole cosa? Gli oggetti o gli uomini? Non si rischia di perdersi nell’autoerotismo, magari impostando la relazione reale sullo stigma del possesso?
Rimanendo con questo dubbio, a cui non credo che Mysecret Case darà mai risposta, mi congedo raccontandovi della mia iniziazione agli acquisti online su siti che commercializzano tale categoria merceologica.
Iniziamo col dire che si tratta di una storia piuttosto recente, raccontatami da un’amica, su www.ohhh.it (un sito molto carino gestito da due coniugi con tre figli…., marito, tre figli?... cosa mi ricorda?... boh, tiriamo innanzi…). Sono allora andata sul sito, ho letto attentamente, e devo dire che la loro vicenda, oltre che la loro idea di prodotto, mi ha convinta. Prima di questo viaggetto in rete ero sempre stata molto scettica, un po’ per pigrizia, ma soprattutto perché assolutamente contraria all’idea di assumere all’interno del mio corpo qualsiasi sostanza non biodegradabile. Da ex vegana, vegetariana e sensibile al messaggio karmico, preferisco infatti, sempre e comunque, il naturale e l’ecocompatibile.
Se però quella stessa amica m’incalza, magari dicendomi che l’oggettistica è di design, e pure costruita con materiali Iso 9000 (insomma non solo non sono state costrette a tristi prestazioni le brave zucchine dell’orto, ma neppure ci si è piegati alla banalità del calco in lattice del primo pornodivo che passa), vuoi che non faccia una prova? Vuoi proprio essere l’unica tra le amiche dell’aperitivo serale a non sapere come si usa la modalità “velocità alternata”? E se poi dovessi stancarmene? Nessun problema, nel caso il coniglietto vibrante lo si ricicla come segnaposto pasquale assieme alle uova dipinte.
Così mi sono fatta convincere, ho raggiunto il sito (www.ohhh.it) e ho inserito il codice della mia carta di credito. Mi sono fatta quindi travolgere dalle offerte; rigorosamente offerte: perché, parliamone laicamente, gli oggetti proposti sono davvero belli ma certo non per tutte le tasche. Il vino però aveva assolto alla sua porca funzione di sblocco dei freni inibitori (tanto colla carta di credito ci penseremo poi…), e quindi, pensando al colore della mia biancheria, mi sono concessa un vibratore rosso magenta a più velocità. Visto che c’ero, vuoi non mettere nel carrello anche un paio di manette? Che, per la foggia particolarmente elegante, ho subito pensato avrebbero anche potuto essere esibite, all’occorrenza, come braccialetto alternativo. Proprie queste ultime ho dimenticato nel bagaglio a mano durante l’ultimo viaggio in Grecia; così, al momento dell’imbarco a Salonicco, quando ti controllano pure la dentiera, la sottoscritta ha iniziato a suonare come la sirena dell’allarme antiaereo.
Ragazze, ripensandoci a posteriori il momento è stato davvero esilarante: non tanto per l’imbarazzo dei presenti nel veder rotolare assorbenti di ogni tipo, interni ed esterni, inframmezzati a slip di pizzo e reggiseni a balconcino, quanto per la faccia dei poliziotti quando hanno trovato le “manette-braccialetto”. Vi lascio immaginare la scena di me che prova, in un inglese a dir poco maccheronico, a spiegare, ad una poliziotta più imbarazzata di me, quale fosse la funzione di quell’oggetto “pericoloso”.
Morale della favola, il vibratore rosso magenta riposa ora nel cassetto del comodino, privo di caricabatteria (sottratto da un qualche figlio desideroso di ricaricare il proprio telefono). Le manette? Non so, ma dicono di averle viste al polso di una la simpatica poliziotta greca.

E mentre noto come in Italia sembrino affacciarsi epocali cambiamenti, capaci di fare sentire le donne un po’ meno casalinghe, o mamme o sante o modelle, in spiaggia una bambina, figlia della mia vicina di ombrellone, passeggia avanti e indietro sfoggiando la busta di tela bianca con sopra stampigliato il logo Ohhh.
Che non sia stata l’unica signorina per bene a fare acquisti?          

   

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