Si,
dico proprio il due agosto; quel giorno maledetto, di un’estate che fin lì era
apparsa del tutto uguale alle altre: il sole che picchiava forte, Gianni Togni
che dalla radiolina gracchiava Luna
mentre le famiglie italiane stipavano gli ultimi bagagli nella
loro 127 (noi però, avevamo l’Alfetta…; très
chic, n’est pasa?). Io? Quanto a me, ero già partita; da tempo. Da quindici
giorni ero infatti in campeggio. Con le nonne, ça vas sans dire….
All’epoca
avevamo una roulotte, acquistata nuova dopo aver rottamato un qualcosa che vi
assomigliava (i miei genitori erano molto hippies, quindi se n’erano costruita
una da soli con l’aiuto di un amico… ma questa è un’altra storia, che vi racconterò
poi). Per noi quel caravan, nuovo di zecca, che odorava intensamente del
profumo della plastica, rappresentava un indiscutibile salto di qualità nella
scala sociale: il simbolo stesso del nostro piccolo, personalissimo, boom
economico; dopo anni di vacanze in tenda, sul greto dei fiumi e coi conti da
pagare a settembre.
Mio
padre, fino a quel momento troppo giovane per fare il padre, aveva trovato
finalmente la sua strada nel settore dell’industria farmaceutica; mentre mia
madre iniziava un lungo cammino che l’avrebbe portata, in futuro, a fare i
conti con il rimpianto di una carriera universitaria lasciata bruscamente. Insomma, s’iniziava a stare bene; ad essere
felici e vivaddio spensierati. Niente più liti tra coniugi, a rinfacciarsi una
giovinezza abbandonata per l’arrivo improvviso di due figlie; niente più debiti
e nottate a rifare i conti.
Quel
giorno io ero al mare; ricordo il caldo intenso e umido.
E
le mie nonne? Probabilmente stavano giocando a carte, sotto la veranda in
attesa ansiosa dell’ora di pranzo. A me, bambina grassoccia, invece quel pranzo
pesava come un macigno: proprio allora iniziavo ad avere paura di mostrare il
mio corpo e le sue rotondità. Dunque mi rivedo in disparte chissà dove,
come sempre arrabbiata col mondo, e naturalmente sdraiata a leggere; perché non
avevo amici e certo non partecipavo ai giochi stupidi organizzati
dall’animazione del camping.
Poi
arrivò la botta, con la televisione che ti portava il male del mondo fin dentro
al paradiso di un’estate sempre uguale.
Non
so se le immagini che ricordo siano tutte mie, o siano state col tempo
condizionate dal rivedere periodicamente gli spezzoni dei telegiornali dell’epoca;
però di certo è mio, vivido come fosse ora, il ricordo della veranda silenziosa
e attonita. Con le persone pietrificate, alla ricerca di un perché.
La
mia infanzia terminava in quei giorni, colla adolescenza che bussava ormai alla
mia porta; e se prima di allora la storia era quella raccontata dalle suore, impregnata
di racconti di sante che assomigliavano a regine dolenti delle fiabe, ora dalla
STORIA venivo rapita e stuprata come Proserpina da Ade.
Mi
ritrovavo, di lì a poco, a fare i conti con le mie prime mestruazioni; oltre
che con l’ennesimo, insoluto e terribile, mistero italiano.
Io, di quel terribile giorno, ricordo solo un nome fra i tanti innocenti che hanno perso la vita: quello di Anna Maria, cugina di una zia acquisita. Aveva solo 22 anni e portava con sé i sogni di una ragazza giovane, distrutti all'improvviso, così...
RispondiEliminaGrazie per aver voluto condividere il tuo ricordo. Credo che sia stato uno di quegli eventi che hanno segnato gli album dei ricordi di tutti noi
RispondiEliminaEro appena rientato a casa, in Sicilia. Avevo preso il treno la sera prima, dopo aver cindolato, indolente, per quasi tre ore proprio in quella sala d'aspetto. La morte mi era passata accanto - pensai - e non mi aveva preso
Elimina14 anni , ero in bicicletta all'edicoka vicino a casa ....a ravenna
RispondiEliminaessenziale ma efficace. eravamo tutti bambini, chi in bicicletta, chi al mare chi in viaggio. qualcuno ha percepito più di altri ma tutti alla fine ne abbiamo il ricordo.
Elimina