Consigli per una vita di coppia felice e per una singlitudine serena, senza troppi sensi di colpa.

lunedì 3 settembre 2018

Quella volta che non dimenticherò mai: episodio n. 3. Auto, ovvero “stamo a scarseggià de situazioni (cit.)”




Tutto quel che mi trasporta da un luogo all’altro evidentemente m’ispira; così, dopo il treno e l’aereo, non potevo non inserire nella mia top ten la cara e vecchia automobile. Del resto, ammetto candidamente di nutrire una particolare simpatia, da sempre, per il “sesso in viaggio”, rocambolesco e con quel tanto di pericolo da renderlo eccitante. C’è chi predilige un comodo letto, e chi come la sottoscritta per anni non ha potuto mai disporne. Vi ho già raccontato della mia vita precedente? Quando cioè mi aggiravo per l’Italia, tra uno scavo e l’altro, come una sorta di Indiana Jones della cazzuola? Si trattava di una vita affascinante, ma certo non semplice. Pala e piccone erano i miei strumenti di lavoro, e la carriola la cosa che maggiormente si avvicinava a un’autovettura; e se gli scarponi da cantiere facevano molto alternative, l’abbronzatura da muratore s’incaricava di ripristinare la triste realtà delle cose. Ammetto che c’è stato un periodo della mia vita in cui non solo avevo dimenticato l’esistenza di trucchi, di creme e di abiti carini, ma anche quella del caro e vecchio letto. Provate voi del resto a vivere decentemente in occasione di scavi in cui si deve stare tutti, a volte più di decina, all’interno di una stessa casa! Perché così tanti in un appartamento? Semplice, per ammortizzare le spese di affitto e sopravvivere fino al sospirato pagamento. Molte volte mi capitava quindi di dormire su brande o materassi di fortuna. Questo modo di vivere precario aveva evidentemente un’influenza sulla mia vita affettiva; e mi aveva rafforzato nella convinzione che fosse il caso di evitare ogni relazione stabile. Mi sarei dedicata solo allo studio, per diventare una donnina seria e ineccepibile. Tutti buoni propositi, puntualmente smentiti da qualche scivolata. Come ha sempre detto una mia cara amica: non ci si può negare ogni tanto un giro di giostra un po’ più lungo di altri. Ebbene raccontiamolo. Lui era qualche anno più grande di me, aveva un lavoro serio - non come la sottoscritta, sempre felicemente con il conto in rosso – e abitava in un appartamento opportunamente dotato di stanza da letto e vasca da bagno con acqua corrente. Non proprio come il mio tugurio, senza mobilio e con una doccia comune moooolto condivisa. Per non farsi mancare nulla era pure gentile, raffinato e di bell’aspetto. Dopo un po’ iniziavo però a sentire che la nostra storia era arrivata ai titoli di coda: troppo diversi, lui abituato ad avere più che a dare ed io… bhè io che non riuscivo più a sopportare le sue occhiate di riprovazione tutte le volte che indossavo i miei cari pantaloni da cantiere.  Lo sapevamo entrambi, stavamo soltanto decidendo a chi toccasse esplicitarlo. Così, per evitare il solito teatrino di lui che ti riporta a casa e poi ti lascia per sempre dicendoti le solite ovvietà, una sera ho deciso di uscire di scena lasciando una chiarissima traccia di me nella sua memoria. Una traccia indelebile, che avrebbe ricordato per tutta la vita.

La macchina sfrecciava sull’autostrada deserta e io inizio a sfilarmi un indumento dopo l’altro, seguendo il ritmo dettato dal rombo del motore. Ormai quasi nuda, arrivata cioè all’indumento dopo il quale nulla v’è più da sottrarre, ho scavallato il freno a mano e mi sono accomodata su di lui, il quale nel frattempo continuava a guidare. Attonito e stupito per la mia audacia. Con voce perentoria, iniziandogli a baciare il collo e leccare il lobo dell’orecchio, gli ordino di fermarsi alla prima piazzola libera. Bisognerà pure terminare quello che ho iniziato! Devo ammettere che a questo punto l’abitacolo s’era ormai trasformato in un forno, con i vetri completamenti appannati. Ansimando, il mio lui mi sussurra piano che vicino al finestrino pare essersi fermato un uomo interessato allo spettacolo, al che io mi giro e mi rendo conto che la piazzola nel frattempo s’era fatta molto affollata. Al nostro arrestarci, l’auto che ci seguiva aveva deciso di fermarsi anch’essa; ed ora il conducente, preso evidentemente da un sentimento di condivisione eucaristica, mimava quel che noi si faceva. Fuori e al freddo, poverino. Del soggetto in questione purtroppo non posso descrivervi il viso, che proprio non riesco a ricordare. Ma se volete, in privata sede,  vi racconto altre particolarità meno nobili. Alla fine possiamo dire che non solo il mio prossimo ex, ma anche altri abitanti del luogo, hanno potuto godere – e mai verbo fu più efficace – della mia ultima interpretazione quale fidanzata appassionata. Meglio di Eleonora Duse, da quelle parti sono ancora lì a domandare un bis…                                  
#CarloVerdone
#ClaudiaGerinifamolostrano

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