Non frequento
chat di incontri, e nemmeno mi lascio troppo affascinare dagli incontri fatti
in rete. Ho imparato subito che la grande maggioranza di questi rendez-vous
digitali hanno come solo scopo quello di sedurre senza nemmeno immaginare la
fatica di affrontare un incontro reale, il più delle volte accontentandosi di strappare
una tua foto in perizoma da utilizzare nel chiuso del cesso, magari mentre là
fuori la moglie spadella e gli infanti urlano giocando. Non sono nemmeno troppo
innovativa se dico che molte serissime ricerche hanno dimostrato come tanti uomini
mediocri, incarnazione perfetta di una middle
class culturalmente ed economicamente sempre più allo sbando, finiscano per
perdere qualsiasi residuo freno inibitore quando si ritrovano seduti dietro a
uno schermo. Click, password, indirizzo html digitato ed eccoli trasformarsi
nella reincarnazione di un Rodolfo Valentino dotato degli attributi di Rocco
Siffredi. Alcuni di loro prima si propongono su Messanger, esibendo una timida e
accattivante gentilezza, che li fa ringraziare ogni due per tre per l’attenzione
di cui li hai degnati. Superati i primi convenevoli, gli stessi con nonchalance ti invitano a passare su
piattaforme più comode e discrete.
Tipo Whatsapp, ma pure Gchat, Telegram o Snapchat. E tu cosa fai? Se conoscere un
uomo la cui bacheca facebook promette bene non ti dispiace, allora accetti e
gli passi il numero di cellulare. E per qualche istante magari culli anche
l’illusione che non ti chiederà, non subito almeno, una tua foto in provocante lingerie.
Premetto che non sto stigmatizzando la pratica, dal momento che ho spesso intrattenuto
un tale tipo di corrispondenze d’amorosi sensi; confesso pure di privilegiare
lo scambio di messaggi quando sono fuori dalla camera da letto, mentre
passeggio in un luogo pubblico e pieno di gente, magari mentre soppeso la
consistenza di un cetriolo o di una zucchina al reparto ortofrutta del
supermercato (un luogo che, vi assicuro, è sempre fonte di grande ispirazione).
Di solito inizio una conversazione solo quando penso di avere ormai una qualche
idea dell’interlocutore, di chi sia e di come sia fatto, ma la settimana scorsa
tutti i miei buoni propositi si sono dissolti davanti alle parole di un
perfetto sconosciuto.
Partiamo
dal suo profilo, che effettivamente pare molto intrigante. Foto in vacanza, che
svelano un uomo dal fisico curato e dagli interessi sufficientemente
differenziati. Amiamo pure gli stessi film, e anche a livello di musica
ascoltata ci siamo. Anzi, è davvero strano che non ci si sia incontrati al paio
di concerti a cui entrambi, da sconosciuti l’uno all’altro, abbiamo
partecipato. Ama i viaggi e gli animali, tanto da essere impegnato in una
seriosa associazione ambientalista. Suona in un gruppo, gli piace la
letteratura scandinava... Niente da dire, all’apparenza si tratta di un gran
figo. Tra l’altro, a giudicare dal numero di selfie che si spara col cellulare,
non nasconde proprio il fatto di piacersi; e dal numero di like femminili pare
proprio che il ragazzo sappia come condurre il gioco dell’amore e della
seduzione.
Rispondo
a un “ciao” serale e iniziamo ad annusarci un po’, per qualche giorno e senza
troppa foga.
Lui: Ciao ci sei? Ti penso e ho voglia di fare
due chiacchiere.
Io: Veramente mi pensi? Dai, giura.
Lui: Sì, ho riflettuto molto su quello che mi hai
scritto oggi. Dove sei in questo momento? Puoi parlare liberamente?
Io: Sì, certo. Sono in camera e mi preparo per
andare a dormire.
Lui: Scusa non volevo disturbare... mio dio, già
ti immagino... Come sei vestita?
Altolà,
sono sufficientemente navigata per capire dove il ragazzo vuole andare a parare.
Ma sto al gioco e rispondo che non disturba e che mi fa piacere conversare con
lui, quanto ai vestiti indossati non ne porto, perché io, come Marilyn, vado a
dormire solo con due gocce di Chanel n.5. E chi se ne frega se in realtà ho
addosso una maglia slabbrata e fuori taglia, con David Bowie stampigliato
sopra, e un paio di mutande da nonna che potrebbero fare passare la voglia
anche a un carcerato dell’Isola del Diavolo. In fondo non siamo ancora alla
fase della videochat, quindi lanciamoci…
Lui: Quanto mi piaci, e quanto mi intrighi. Questa
sera sono malinconico e mi sento solo.
A
questo punto potrei fingere un’interruzione causato da un attacco alieno sulla
città, in modo da recuperare dal comodino quel libro che proprio non riesco a
terminare; oppure potrei simulare con la bocca rumori d’entrata in galleria –
che galleria? Non sottilizziamo parbleu! – e chiuderla lì per utilizzare il mio
dispositivo in modo più creativo (tipo andarsi a vedere una serie su Netflix). Invece
no, per una sorta di vocazione masochistica proseguo nella conversazione e gli
chiedo se non ha al suo fianco una compagna. Il gelo dall’altro capo della
conversazione mi conferma in un amen quanto sia cretina la domanda appena
fatta: ovvio che non ha la compagna vicino! Ma secondo te? A meno che non sia
uno tosto, ma veramente, capace di coinvolgere la sua lei in un gioco erotico
con una sconosciuta fin dalle sue fasi iniziali, è evidente che il ragazzo è
solo. Anche perché, sospiro tra me e me, non tutte le compagne sono divertenti
come la sottoscritta, che apprezzerebbe molto ogni sforzo fatto dal partner per
variare nella routine. Per il momento lui non sembra brillare per spirito di iniziativa,
tanto da rispondermi nel modo più scontato possibile: è impegnato, ma che la
sua è una storia tanto complicata.
Ma va?
E chi lo avrebbe mai immaginato? Credo che il 99,9% delle storie siano
complicate, specie quando uno dei due della coppia si avventura alla ricerca di
nuove amicizie in rete; trovatemene una che non sia tale e vinci una bambolina!
Poi
azzarda un Lei non è come te
Mi mordo
il labbro, perché mi verrebbe da rispondere in malo modo. Del tipo: Scusa, ma
cosa vuoi dire con questo? Intendi forse che io, solo perché ti ho concesso
qualche insignificante secondo del mio tempo, al contrario di lei, una santa
senza dubbio, sono una zoccola? Questo penso, ma questo non dico. Mi limito
allora a un semplice e sensuale: Perché
io come sono?
Ecco
quello che voleva, un’occasione per iniziare a sciorinare l’elenco di virtù in
mio possesso: Tu sei bellissima, sei sexy
e sei intelligente. Vorrei averti accanto…ORA!
Un
sorriso si dipinge sulle mie labbra, e penso che adesso puoi proprio farmi
ridere di gusto. È sufficiente che tu dia il via libera al sano e sotterraneo maschilismo
che possiedi. Suvvia, potresti iniziare con qualche espressione forte; del tipo:
Ti voglio strappare le mutande a morsi. Dai caro il mio manzo dal selfie
facile, sfoga l’animale che è in te e rendimi felice; giuro che lascerò il mio
dito libero di pensarsi la tua mano!
E
invece no, non succede così. Come stupirmi, del resto. Se leggi solo Gente e Motori e nella quotidiana
visione di Pornhub non ti sei spinto
mai al di là della sezione Teenager, è naturale che il tuo lessico sia molto ma
molto basico. Colpa mia, cosa voglio pretendere? Me ne faccio tuttavia una
ragione, sperando in qualche succosa evoluzione quando l’atmosfera si sarà
riscaldata a dovere. Lui pare ingranare: Sai
che mi piaci. Ti farei di tutto, se ti avessi davanti a me ora… Vuoi vedere
che finalmente iniziamo a fare sesso virtuale, come dio comanda e non come
piccoli criceti in gabbia?
Rilancio,
iniziando a giocare con l’elastico delle mie mutandine: Cosa mi faresti?
Se tu fossi qui vorrei averti seduta sopra,
con il vestito arrotolato, le natiche nude e la tua figa bagnata che si strofina
sul mio cazzo
Sussulto;
accidenti mi ha fregata! Ha giocato l’asso subito, tanto da lasciarmi qualche
secondo senza fiato, indecisa se proseguire la conversazione sul ritmo che ha
improvvisamente preso oppure rallentare fingendo una qualche indignazione.
Essendo probabilmente meno fesso di quello che all’inizio pareva, lui prosegue innestando
una marcia addirittura superiore. E mi dice: Mi sto toccando, posso?
Sorrido
perché mi ha fregato. Come si fa ora a rallentare? Quindi digito, molto
lentamente, quasi sorseggiando le lettere, una dopo l’altra, come posso impedirtelo? Fai pure.
Lui: Ho voglia di sentire il tuo sapore; se tu
fossi qui ora ti farei sedere direttamente sulle mie labbra Ben fatto, sto iniziando a fantasticare sulla
posizione conturbante che mi ha appena suggerito.
Così
rispondo che è un vero peccato non essere davvero a gambe aperte, con la mia
vagina direttamente sopra il suo viso; purtroppo - o per fortuna – ci sono troppi
chilometri che ci separano. Devo ammettere di averlo sottovalutato, il mio
amico di tastiera ha una bella fantasia. Si esprime con cura delle parole, non
trascura la punteggiatura e azzarda addirittura qualche metafora (del tipo Voglio immergermi nella tua vagina come in
un frutto maturo). Nulla di trascendentale, ma di sicuro qualcosa di più
sexy della frase scrittami dal tizio che voleva aprirmi come una cozza. Sto
addirittura iniziando a pensare che stia giocando con me, come il gatto col
topo; ha ad esempio perfettamente che amo ricevere carezze, non solo quelle
fisiche ma pure virtuali. Così, abbonda nelle parole dolci e nei paragoni
gentili, e ogni sua descrizione cortese pare una frenata utile a impostare la
nuova accelerata. Alla rosa segue un cazzo, alla “delicata tua pelle” un
“vorrei che me lo succhiassi”. Pare trovarsi più a suo agio nel raccontare quel
che farebbe sul mio corpo che non ad ascoltare, mi dice poi che ha il membro tra
le mani e questo cresce, mentre la mano scivola lungo il fusto e la mente
s’inganna fino a volere pensare che quella mano rude sia in realtà la mia. Chiudo
gli occhi e lo immagino disteso, sul divano di casa, con un brano jazz in
sottofondo. Ha la camicia slacciata e i pantaloni che ricadono morbidi sulle
gambe muscolose. Non indossa calze, ha i piedi nudi e le dita affusolate. Le
mani - io ho un debole per le mani - sono grandi e larghe. Indossa anelli e
porta bracciali ai polsi. No, no… smettila! Se mi soffermo troppo sulle sue
mani rischio di perdermi subito, meglio proseguire nell’immaginifico tour attorno
al suo corpo. Concentriamoci: vedo che si sbottona i pantaloni, facendo
emergere la punta arrogante del suo pene dritto e solido; so che lo sta facendo
sul serio e allora mi prende un moto di stizza. Perché non piantarla di giocare
e uscire a cena, vedendosi di persona; sono quasi sicura che si finirebbe a
fare sul serio quello che in questo momento stiamo entrambi solo immaginando.
Non oso però chiederglielo, perché a quel punto la magia finirebbe e lui scoverebbe
qualche patetica scusa per mollarmi (la distanza, i tempi contingenti, la
necessità di trovare una motivazione per un’assenza serale, il lavoro… le
cavallette…). Si tratta di un film già visto, e non ho voglia di perdere troppo
tempo. Ho voglia invece di provare un orgasmo, anche a costo di infliggermi da
sola quell’umido piacere, così mi aggrappo allo schermo del telefonino, come se
quella luce azzurrognola fosse la promessa di un possibile amore. Forse dall’altra
parte c’è una persona che come me s’illude di sperimentare un sentimento nuovo
forse dall’altra parte c’è un essere umano che, come uno scienziato che si
avvicina trepidante alla lente del microscopio, cerca di dare un senso a tutte
le emozioni che crescono dentro. Non credo abbia troppo senso chiedersi se
questa storia avrà un seguito, o se resterà un semplice istante di puro piacere,
da appallottolare dopo l’uso in un foglio di carta igienica e da buttare
rapidamente nello sciacquone. Meglio viversela, così come viene. Le sue parole
sono del resto dense di sensualità.
Ora
vuole una mia foto, vuole scoprire quale sua il colore delle mie mutandine; non
sono obbligata a inviare la figura intera, mi dice, gli è sufficiente dall’ombelico
in giù. Io mi ritraggo. No, non voglio inviare nulla di me che non sia già
stato pubblicato in rete; quindi nulla di troppo spinto. Ma non è una cosa
facile, perché anche senza fare vedere il volto il mio corpo, per tutti i
tatuaggi che ne ricoprono la pelle, svelerebbe la mia identità. No, non se ne
parla proprio. Per lui il problema sembra non porsi nemmeno, dal momento che
non passano dieci secondi che mi arriva una sua foto. Chiaramente dall’ombelico
in giù, chiaramente con il suo turgido membro in primo piano. Cosa dire? Potrei
fingere un momento di virginale turbamento, colpita da tanta maschile grazia; oppure
potrei limitarmi a digitare una serie di MMMMM
di soddisfazione, accompagnati da una simpatica faccina (no, sarebbe troppo
adolescenziale). Decido alla fine per una battuta cortese e ironica, del tipo: Quanto ben di Dio… sei veramente un uomo
splendido.
A quel
punto lui rilancia: Stai toccandoti anche
tu, vero? L’immagine di te che lo fai, mentre mi scrivi, magari in attesa di un
nostro incontro, mi intriga moltissimo.
E
continua: Voglio che ti levi gli slip e ti
masturbi mentre mi accarezzo. Cosa ne dici? Proviamo a fare l’amore, anche a
distanza? Proviamo a venire insieme? Se
tu fossi la mia donna vorrei mostrarti a tutti. Ti porterei fuori e ti
accarezzerei senza ritegno. Vorrei urlare al mondo che sei mia.
Dal
solito sexting stiamo andando verso una dimensione più intima, forse troppo
intima. Ha usato infatti il pronome possessivo, e questo non capita spesso
quando si fa un po’ di sano autoerotismo via chat. Lui mi manda altre foto del
suo membro duro e gonfio; ci tiene a dimostrarmi quanto il nostro incontro
virtuale lo stia prendendo. Io stessa, anche se faccio la dura, non sono poi
così indifferente alla cosa: ho infatti già stretto tra le dita le grandi
labbra, e infilato tutto il medio nel sesso. Gli racconto cosa mi piace fare
quando scopo, quali posizioni preferisco e mi soffermo sull’eccitazione che mi
dona l’essere legata e sentire sulle natiche il dolore di una frustata. Alla
mia rivelazione lui resta basito per qualche secondo, poi emozionato digita: Anche a me piace quel tipo di sesso, ma difficilmente
trovo compagne disponibili a farlo.
Adesso
sono del tutto padrona del gioco, so bene cosa fare e cosa dire; conosco le vie
del piacere e assaporo il momento in cui gli chiederò di inviarmi in diretta la
prova della sua felicità raggiunta. Come pegno di un prossimo incontro, reale o
virtuale che sia. Tanto, che differenza c’è?
Sai benissimo che differenza c'è: quelli virtuali li hai già scordati dopo una settimana, quelli reali, sebbene altrettanto fugaci, ti rimangono impressi per decenni.
RispondiEliminaSicuramente per la registrazione dell'evento reale in circuiti mnemonici ben più profondi. Vuoi mettere l'importanza delle aree di memoria visiva, tattile, uditiva e olfattiva a confronto con quella onirico-immaginativa, che è la più superficiale e ontogeneticamente più recente del nostro cervello?
Ma bando al mio narcisistico sfoggio neurologico. Col tuo racconto ho rivissuto parte del mio passato, con molta auto-commiserazione ma anche un po' di rimpianto. Ti ho scoperta, cara prof, grazie ad un'amicizia in comune su FB, che ho rispolverato dopo anni di abbandono. Spero di poterti seguire, virtualmente, con invariato interesse a lungo.
grazie a te. onoratissima
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