Nelle chiacchiere tra amiche uno
dei principali leit motiv riguarda l’inevitabile noia che prende dopo un po’
che frequentiamo un uomo; quando cioè al perentorio “togliti le mutande” il nostro
“Lui” inizia a sostituire prolisse discussioni sugli acciacchi di stagione o le
difficoltà di fare quadrare i conti di casa. Anche perché se il soggetto è sposato
molto spesso si corre il rischio, ascoltandone le lamentele e i racconti, di entrare
in rapida confidenza con la “consorte” ufficiale. E si finisce per conoscerla
assai meglio di quanto la conosca lui, al punto da trovare assolutamente
normale accompagnarlo a fare compere per il loro anniversario. Oh, giuro… come personal
shopper io sono davvero bravissima; e nessuna delle compagne dei miei lui pare si sia mai lamentata dei regali che ho
saputo suggerirgli (anzi, a volte proprio quegli oggetti hanno contribuito a trasformare
le povere Cenerentole in “pantere del sesso”). Autolesionismo? Forse; ma io che
ci posso fare? Il mio spirito da
crocerossina evidentemente si applica come un bendaggio non solo al dolore
del povero maschio incompreso, ma pure alle sofferenze dell’intera sua famiglia
(compresi zii, nipoti e cugini di terzo grado). Confesso, confesso a Dio onnipotente,
di avere più volte infranto il nono comandamento; ma giuro di averlo fatto
sempre in buona fede e per una giusta causa. A tal punto sono convinta della
mia santità da potere affermare di credere alla possibilità di ritrovarmi, alla
fine dei tempi, seduta alla destra di San Pietro, premiata da quel gran figo
con barba hipster e afrodisiaco profumo da pescatore, quale meritevole “salvatrice
di coppie in crisi”. Pensateci bene: e se il fedifrago avesse scelto una donna
molto più stronza, magari accecata dalle pretese? Quanto più complicata sarebbe
stata la sua povera esistenza? Così ammetto, con luccicante candore, di faticare
non poco a comprendere le ragioni delle amiche quando si lamentano dell’indecisione
del loro uomo, che non ha ancora deciso di lasciare la compagna e si ostina a
rifiutare di lasciare lo spazzolino da denti a casa loro. Io farei lo stesso.
Anche perché sono convinta sia meglio vivere con leggerezza una storia,
evitando di imbrigliarla nella solita matrice prestampate. Soprattutto, sono
convinta che la leggerezza possa preservare da alcuni rischi esiziali: non
vorrete mica ritrovarvi ad acquistare, assieme al prodotto principale, anche il pacchetto di amici e parenti vari?
E non vorrete mica rischiare, come conseguenza del lavoro dell’avvocato
civilista della sua ex, di passare dal ristorante a cinque stelle alla pizzeria
d’asporto sotto casa? Ergo, alla fine della fiera, care amiche mie, mi sento di
poter dire: lasciate la noia della
quotidianità a chi sa stirare una camicia, e non appena il discorso vira sul
refrain “io e mia moglie siamo come
due amici” fingetevi morte! E ricordatevi che, ne Il grande freddo, è proprio colui che si piange e di cui si vedono
solo i piedi a essere diventato famoso.
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