Avevo deciso di concedergli un’ultima
chance, nonostante si fosse fatto la mia migliore amica e non si facesse vivo
da due settimane Quante inutili promesse di cambiamento, che avrebbe imposto a
se stesso solo e soltanto perché il suo era vero amore. Tempo sprecato, inutilmente
sprecato. Aspettavo però un suo messaggio, che sarebbe senza dubbio arrivato,
perentorio e freddo, esattamente come deve essere la convocazione al cospetto di
chi non ha tempo da perdere in faticose conversazioni. Del resto lui è così,
non certo l’uomo da presentare al pranzo domenicale coi genitori;
incredibilmente portato tra le lenzuola, ma per il resto…
Non mi chiedo neanche più perché
alla fine mi presento sempre al suo appello, dal momento che ormai ho capito
che ciò avviene solo e soltanto perché sono drogata dal suo modo di fare all’amore.
Perché lui è pura energia, perché lui è disinibito e arrogante, come un bambino
viziato che ha imparato a pretendere senza domandare. E poi è bello, di una
bellezza non convenzionale (anche se ben curata, ammaestrata da sedute intense
di addominali). Di una bellezza che attrae lo sguardo delle donne, come miele
che appiccica le dita di chiunque osi toccarlo.
Le mie amiche lo definirebbero un
uomo orribile (ma sono sicuro che lo subirebbero anche loro, eccome se lo
subirebbero).
Mi ha dato l’indirizzo, senza
parole inutili (“come stai?”, “tutto bene?”, “sei sempre bellissima…”). Si
tratta di una trattoria, con ambizioni da ristorante (almeno a giudicare dallo sforzo
di nobilitare l’ambiente a forza di ricami e vetri preziosi). Tra l’altro lo
sforzo pare rafforzato dall’apertura, appena dopo il grande salone, nascosto da
paraventi orientali che fanno a pugni colle tappezzerie a tema venatorio, di un
ambiente appartato e volutamente protetto dagli occhi indiscreti. A me quel
posto non piace, ma lui è un cliente affezionato e non mi ha chiesto il
permesso (sono del resto sicura che ha prenotato il tavolo nella stanzetta
privata, quella non condivisa con nessun altro). Non ho detto di no,
perché amo da morire prestarmi come vittima sacrificale dei suoi giochi; e bastano
pochi bicchieri di vino per avviare la partita: sulla scacchiera non vi sono torri
e neppure cavalli, non ci sono pedoni e neppure alfieri, ma solamente un re nero
e una regina bianca.
Come previsto apre la partita accarezzandomi
le gambe nude, arrivando in un attimo alla seta delle mie mutandine. Come
previsto non allontana la mano neppure al giungere del cameriere, che arrossisce
per l’imbarazzo e distoglie lo sguardo in direzione della porta. Sento le sue
dita che rovistano e cercano, e sento la sua voce tranquilla discettare di
vini, di annate e di cantine, e sento la mia bocca emettere gemiti appena
trattenuti. Come previsto mi ha domandato di tenere slacciata la camicetta
bianca, in modo da lasciare che si intraveda la linea tra i seni e questi
ultimi possano muoversi arroganti, sussultando al ritmo dei miei sospiri.
Ora il cameriere ha lasciato la
stanza, e lui mi porge una piccola scatola nera, da cui estrae un altrettanto
piccolo dildo rosso. Un piccolo e buffo pene di gomma, che a vederlo strappa anche
un sorriso. Ma lui non ride, anzi mi ordina di accenderlo e di strofinarlo
contro il clitoride. Neppure accenno a una resistenza: con lui si gioca sapendo
che non si prevarrà mai. Così, mentre avverto le prime vibrazioni e sento che
là sotto tutto prende vita, lui si alza e si posiziona dietro alla mia sedia.
Poi slaccia la camicetta, fino a liberare del tutto i seni. Colle dita mi
pizzica i capezzoli, stringendoli così forte da farmi male.
"Zitta, altrimenti disturbiamo la clientela e arriva il cameriere a
sgridarci"
Sussurra le parole all’orecchio,
col tono di un ragazzino che invita l’amico a non farsi scoprire mentre si è in
bagno a fumare. Poi colla mano prende il calice di vino, versandone alcune
gocce sul collo e sugli omeri; e subito dopo s’avventa sulla mia pelle, leccandola
e aspirandola avidamente.
In
quel momento il giovane cameriere rientra in sala. Ci guarda, rimane per un
istante immobile, poi s’avvicina e balbetta: "gradite altro?" Il mio occhio cade sui suoi pantaloni, che paiono
sul punto di esplodere per la vistosa erezione. Anche il mio uomo vi si
sofferma per un istante, poi gli fa cenno di avvicinarsi e, girandomi con le
mani la nuca in modo che io possa stare colla bocca contro di lui,
sorridendo esclama: "Sì, la signora desidera il dessert".
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