Quante coppie si lasciano perché
uno dei due è incappato in un momento di libertà? Al che la domanda, che spesso
fa capolino nelle discussioni della mia cara sorellanza alcolica; ma non
sarebbe tutto più semplice se fossimo onesti, ed accettassimo il fatto che è
possibile – anzi più probabile – provare sentimenti d’amore,
contemporaneamente, per più persone? Ed ugualmente, è possibile farlo quando si
è all’interno di un rapporto di coppia monogamica? Queste stesse domande
qualcuno se le pone in modo molto serio, meno rapsodico di quanto possiamo fare
noi streghe a chiacchierare davanti a un aperitivo. Volete sapere chi? Bene,
sappiate che, dal 2012, è possibile accedere al sito poliamore.org, che si occupa proprio di diffondere anche in Italia
i dettami della cultura poliamorista.
Poliamore,
un ritorno a Woodstock o un’opportunità ?
La cosa non poteva non
suscitare la mia curiosità, quindi ho domandato a due amici di aiutarmi a
comprendere quale sia il significato del termine poliamore. A Luca Boschetto, fondatore e co-redattore di
Poliamore.org, e a Daniele, da qualche anno convertito (scusate il termine
mistico), dopo varie relazioni monogamica a una realtà affettiva più
articolata.
Partiamo dai fondamentali: cosa
si intende in realtà per poliamore? La risposta di Luca è semplice:
Amare più persone nella piena consapevolezza di tutti. Il poliamore è infatti una modalità relazionale –
qualcuno si spinge a chiamarlo orientamento relazionale
–, che riconosce il desiderio di molti di poter intrecciare relazioni affettivo
e/o sessuali con più persone allo stesso tempo; sempre però nel rispetto della
consapevolezza che ciascuno componente ha di essere pienamente informato delle
altre relazioni della (o delle!) persone amate. Il poliamore, quindi, fa parte
della famiglia delle cosiddette non-monogamie
etiche.
Cosa intendi per
consapevolezza e condivisione?
Un esempio è: io decido che preferisco non sapere, pur sapendo che un altro c'è; oppure
la piena libertà reciprocamente tutelata (io non ho bisogno di sapere, anche se
mi fa piacere se tu desideri condividere).
Ehh? Non-monogamie etiche?
Vabbé, ci ritorneremo. Per il momento m’interessa approfondire un punto preciso
(come tutti voi che state leggendo, lo so bene…); ovvero, ma non è che il
poliamore sia niente altro che una scusa per fare più sesso, senza troppo farsi
angustiare dai sensi di colpa? Luca scuote il capo sorridendo e risponde:
Se
fosse solo una questione di sesso, molto probabilmente nessuno di noi si
impegnerebbe così tanto per far funzionare i rapporti. Si
delinea dunque un mondo davvero alternativo dove tutti si sforzano di trovare
armonie proprio laddove solitamente si è abituati ad ascoltare cacofonie.
Continua così Luca:
Le
coppie monogamiche spesso nascondono tradimenti e infelicità, oppure, stanche
del loro vissuto quotidiano, si lanciano alla ricerca di facili distrazioni come
lo scambismo; oppure si rifugiano nella scelta della coppia aperta.
Mi chiedo a questo punto quale
sia differenza tra questi modi estremi di vivere il rapporto di coppia e il
poliamore. E proprio qui torna fuori la questione dell’etica, perché – a parere
di Luca – la coppia aperta in fondo
non è altro che una tradizionale coppia
monogamica di base, caratterizzata dal fatto che i partner decidono di frequentare
altre persone purché tutto rimanga a livello di gioco. Discorso in parte simile
per la coppia scambista, per cui la
tutela della coppia primaria rimane centrale (anche se, nella dinamica del
gioco erotico, io momentaneamente “cedo te”). Nell’uno come nell’altro caso è
esclusa qualsiasi relazione affettiva con terzi, che finiscono così per
assomigliare a semplici “oggetti”. Non così il poliamore, che non solo mira a
tenere in piedi relazioni basate su un preciso progetto di vita, ma si sforza di coinvolgere nello stesso, secondo
gradi e forme differenti, anche la persona “altra”. In un dialogo continuo, che
alla fine rafforza il legame e lo fortifica. L’eticità del poliamore, quindi,
non consiste solo nel rifiuto dell’oggettivizzare la terza persona, ma si
sostanzia nel riconoscimento della
reciproca la libertà dei componenti della coppia.
Credo
di avere capito, quindi mi butto sulle cose più pratiche; sì, insomma, quelle
che un po’ tutti ci potremmo chiedere: ma come si vive, nel concreto, una
quotidianità fatta di più partner, che evidentemente hanno diritto a ottenere
attenzione, tempo e impegno?
Chiaramente – risponde Luca – non si può prescindere dal darsi regole condivise; e alle feste
comandate, se i rapporti sono chiari, si può partecipare tutti: come una grande
famiglia allargata.
E
la gelosia? Come la mettiamo, con la strega dagli occhi verdi che sale dal
profondo delle viscere?
Di fronte alla gelosia ci si può comportare in
due modi: si può far finta di non riconoscerla, tenendosela dentro; oppure la
si può esplicitare e affrontare, sempre attraverso il dialogo e sempre evitando
di rivolgerla come un’arma contro il partner. Chi sceglie come stile
di vita il poliamore può decidere, almeno inizialmente in una fase transitoria,
di darsi alcuni limiti. Ad esempio, qualcuno può concordare che si possa andare
a letto con un’altra persona (che si pensa di amare) ma che, come regola, poi
si torni sempre a dormire a casa.
Mi
pare quindi di capire che scegliere la via del Poliamore equivalga a mettersi costantemente
in discussione, affrontando con grande maturità e piena consapevolezza le
relazioni. Alla continua ricerca di un equilibrio, nel rispetto di tutti. A
prima vista potrebbe sembrare un paradiso in terra (peace and love, fratelli e
sorelle…), ma a guardare bene è difficile nascondere la presenza di problemi
non facili da risolvere. Ad esempio, la grande libertà personale inizia a
lasciare il tempo che trova quando questa va a ledere – o a rischiare di ledere
– i diritti dei figli. Come possono accettare questi ultimi l’apparente
caoticità dei rapporti all’interno della famiglia poliamorosa? A parere di Luca
Boschetto, padre di tre figli, si può fare e riesce benissimo; come proverebbe
il fatto che vi sono coppie capaci di educare e crescere i figli insieme ai
loro secondi partner, creando cioè delle piccole comunità in cui tutti si
occupano e hanno cura dei bambini.
Il
numero delle persone che si accostano a questa filosofia di vita è oggi in
aumento, come dimostrano i dati di gruppi facebook (che contano più di 3000 simpatizzanti)
o le numerosissime persone che partecipano ai poliaperitivi e alle riunioni
informative). Numeri non disprezzabili, specie considerando che la vita da poliamorosi
è tutt’altro che semplice o “allegra”. È ancora Luca a venirmi in soccorso:
Se essere poliamorosi volesse dire “vivo da
poligamo” io non sarei qui a spiegare e divulgare la nostra filosofia. In
realtà il poliamore è un fatto complesso, che necessita impegno, maturità e
tanto, ma tanto, dialogo. Se ci pensate sarebbe molto più semplice comportarsi
con ipocrisia, come fanno in molti: tradire e vivere nella menzogna, il tutto
con la giustificazione di volere salvaguardare le immancabili e fondamentali apparenze.
Due parole con un poliamoroso, da otto anni
disintossicato dall’insano vizio della monogamia
Premesso
che abbracciare la filosofia di vita della “non monogamia etica” non vuol dire
trasformare il letto nell’equivalente di un incrocio stradale nel centro di
Tokio all’ora di punta, si può ricordare che si possa essere poliamorosi anche
mantenendo intatta la coppia iniziale (trasformandola però in una triade).
Prendete il caso di Daniele, un ragazzo che da otto anni vive le sue relazioni
all’insegna del poliamore; ebbene, Daniele ha avuto una storia importante con
due ragazze, tutta basata sulla regola della polifedeltà. Mi spiega allora che, assai più che il sesso, quel che
conta è la salvaguardia delle dinamiche relazionali. In una triade – ovvero in
una relazione paritaria tra tre persone – tutti i membri si muovono alla
ricerca del perfetto equilibrio tra loro. Daniele mi informa che esistono però
anche altri modelli di relazione:
Esiste la relazione a T, dove un partner
secondario frequenta la coppia primaria unita già da un legame forte; in questo
caso si accoglie il nuovo elemento legato ad uno dei due partner. Ed esiste la
relazione a V, dove cioè un elemento fa da punto di riferimento tra gli altri
due, i quali non intessono alcuna relazione sentimentale o sessuale tra loro
(insomma entrambi amano X, ma non si amano tra loro).
Mi
racconta poi d’essere venuto a contato con questo modo di vivere l’affettività
frequentando i rainbow, esperienze caratterizzate dalla presenza di un forte concetto
di egualitarismo. Quel che del poliamore gli è subito piaciuto è il suo essere prima
di tutto un concetto filosofico, etico
e politico (dal momento che
prefigura la costruzione di una nuova società). Ascoltandolo sento risuonare in
me una frase di Irvine Welsh, che dice:
L’essere umano è immerso in un continuo
divenire, un equilibrio dinamico, che lascia spazio a infinite forme di
espressione e a variabili e possibili relazioni con gli altri e l’ambiente
E
penso che probabilmente si dovrebbe ridacchiare meno di queste forme di
relazioni affettive, mostrando invece la massima curiosità e “compersione” (stato
di gioia empatica che si prova quando anche l’altra persona è felice con un
altro partner) per la felicità del proprio partner. Anche quando questa si
raggiunge coll’aiuto di altre persone.
per chi volesse approfondire l'argomento rimando allo splendido sito
https://www.poliamore.org/ dove trovate tante informazioni, approfondimenti, curiosità e una nutrita bibliografia sul tema.
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Volevo visitare questo blog il 7 aprile, ma poi mi era passato di mente. Questo articolo spiega bene il poliamore. Mi piacerebbe parlare di te su Youtube.
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