Poesia ritrovata? Sì,
poesia ritrovata; perché in questi ultimi anni, così pragmatici e rozzi, ci
siamo un po’ dimenticati dell’esistenza della poesia, definita dall’armonia e
dalla bellezza. Forse perché irrimediabilmente distratti dal “logorio della
vita moderna” (per citare una nota réclame liquorosa); forse perché chiusa in un
qualche cassetto della memoria, tra le pagine di un’antologia scolastica ed i
bigliettini inviati un tempo dai primi spasimanti. Si tratta però solamente di
un’impressione, perché, in realtà, la poesia, quella vera ed appena sussurrata,
ci è sempre stata accanto; avvolgendoci, muta ed immobile, in supplice e paziente
attesa che il nostro sguardo distratto decidesse una buona volta a soffermarsi
su di lei.
No, la poesia non se ne è
mai andata: siamo noi che, ad un certo punto della nostra vita, abbiamo preferito
volgere lo sguardo altrove. E, pieni di presunzione, abbiamo deciso di proseguire
il nostro viaggio senza più curarci del melodioso ed indispensabile canto delle
sirene. Quale che sia il motivo è difficile da dire, perché spesso non ce n’è
mai uno solo. I più smaliziati potrebbero imputare il tradimento consumato nei
confronti del verso lirico ad un orecchio pigro, disposto ad ignorare la voce
della grazia piuttosto che impegnarsi nel conservarla e difenderla. Altri
fanno la stessa scelta perché convinti che, nell’età adulta, non ci si possa
permettere di concedere spazio al sogno. Qualcun altro infine decide di ignorare
la poesia semplicemente per paura (di amare troppo, di svelarsi al prossimo o di
lasciarsi sopraffare dalle emozioni). Sembra dunque meglio “evitarsi” ora ai
sentimenti intensi, per non rischiare di soffrire poi.
In Poesie ritrovate (Monetti Editore) Luigi Genghi torna alla presenza
della poesia. Coraggiosa e semplice, recuperata dalla memoria ed afferrata nell’istante
stesso in cui prorompe. Trascritta per essere assaporata e ricordata, in un
angolo protetto del cuore. Abbiamo a che fare con un romantico artista,
cantore della poetica della strada, capace di scovare i significati reconditi
all’interno di ogni più piccolo frammento di quotidianità. Poesia diventa così un
volto appena intravisto, i segnali dell’arrivo della nuova stagione, coi suoi profumi
ed i suoi colori, le orme lasciate su d’una spiaggia calpestata d’inverno, l’assenza
di presenze vive, i vicoli silenziosi percorsi dal vento o dal sole, che posa
sulla montagna “inerme”. Si tratta di versi semplici, ma ricolmi di nascosta intensità;
sono parole di chi ha vissuto una vita piena, dove l’attesa non fa – in fondo –
più così male. Ci chiediamo così, assolutamente stupiti, quanto duri la felicità; soprattutto per chi ha già
visto le primavere sbocciare, l’una dopo l’altra, come grani di un rosso
rosario. La risposta per Genchi è disarmante, al limite del banale
per quanto affonda nell’essenza immutabile delle cose. La felicità? Dura tanto quanto
dura l’Amore.
Tra le righe emerge infatti, a poco a poco, l’oggetto primo di
tanta passione: la figura di una donna, sensuale e raffinata, dalla pelle liscia
e profumata. Un’immagine femminile tratteggiata appena, con delicate e veloci pennellate
impressioniste. In questi versi, essenziali e liberi da qualsiasi costrizione
metrica, dove quel che rimane pare essere solo un infinito richiamarsi di assonanze
e consonanze, pare non sia necessaria la descrizione di una sessualità
esplicita e sfacciata. Sarebbe un di più, effettivamente. Perché è sufficiente una
spalla nuda, ed il lettore potrà correre immediatamente col pensiero alla dolcezza
di un letto sfatto e caldo. I settanta componimenti di Luigi Genghi si
compongono dunque di versi sereni e delicati, trasparenti come il cielo che
segue il temporale. E la luce che domina tutto è quella dell’estate. Non a caso
le parole più ricorrenti sono quelle ariose e limpide, che alludono ad una
dimensione di infinito possibile; dove tutto può trovare un nuovo inizio, basta
che lo voglia. Così il sogno, il silenzio, il vento e il mare ci accolgono nel
suo paesaggio poetico, fatto di giochi dei bambini sulla spiaggia, di fila di
ombrelloni chiusi al crepuscolo, di salmastro odore di marina fuori stagione,
quando l’aria rinfresca ed il turista non è più che un vago ricordo. Per
usare le parole dell’autore:
Il poeta vive in un mondo sommerso nei
sentimenti. Un mondo caleidoscopico, ha un’anima leggera, trasparente ed opaca
allo stesso tempo.
Ilaria buon pomeriggio.
RispondiEliminaTi ringrazio per la tua bellissima recensione.
Un abbraccio.