Giulio Perrone, Consigli pratici
per uccidere mia suocera (Rizzoli, 2017)
Con l’età che avanza ritenevo d’essere
diventata finalmente saggia; invece eccomi qui a raffigurarmi come una “simpatica
canaglia” quel gran fetente di Leo, il protagonista del romanzo di Giulio
Perrone.
Film già visto, il mio. E mi chiedo: sarà mai possibile che debba
venire come al solito attratta da questi uomini-bambini, incorreggibili Peter
Pan che proprio nulla paiono poter fare contro il richiamo del testosterone? Perché
questo è Leo, un fascinoso scrittore, perennemente indeciso tra l’amore per due
donne, insopportabile eppure accattivante. Insomma, avete capito benissimo del
soggetto di cui stiamo parlando: del simpatico stronzo. Sì, proprio dell’uomo che
ti conquista col suo occhio da triglia; e che, nell’istante stesso dell’ottenuta
vittoria, inizia già a pianificare le mosse per raggiungere la nuova preda.
Conosco il soggetto, anche
perché ho sperimentato entrambi i ruoli, sia quello della “seconda donna in
campo”, costretta ad occultare le tracce (ma con la quale,
ovviamente, ci si diverte parecchio), sia quella che finisce per essere inevitabilmente
abbandonata, sostituita dalla più giovane sciacquetta (ma tanto cara, praticamente
per la badante a cui non devi neppure pagare i contributi…). Mi ripeto quindi
che un libro siffatto non dovrei neppure aprirlo, in quanto troppo simile ad
una fotografia della mia vita; e perché so già che, se dovessi anche solo
sfogliare la prima pagina, finirei di sicuro per trovare giustificazioni anche per
la condotta di Leo.
Come direbbe Ben Volpeliere-Pierrot, Curiosity killed the cat…
E la curiosità ha finito per far lasciare
lo zampino anche alla sottoscritta. Quindi, nonostante la bile che montava, paragrafo
dopo paragrafo, borbottando come una vecchia – no, vecchia proprio no… diciamo
vintage – pentola a pressione, mi sono fatta prendere dalla vita rocambolesca
del Leo protagonista. Un tombeur des
femmes navigato, eppure incasinato come pochi altri, stretto tra una
giovane compagna, fresca come una limonata ghiacciata in pieno agosto, ed una
ex moglie ammaliante, strega di bellezza e d’incandescente erotismo. E sia! Alla
fine ho letto tutto d’un fiato, curiosa di comprendere come si sarebbe alla
fine conclusa questa storia di amori triangolari, sgarrupato come pochi altri,
vissuta con lo sfondo bohémien del quartiere di San Lorenzo a Roma.
Partiamo dai fondamentali,
ovvero il protagonista. Leo è uno scrittore quarantenne, che si lascia vivere
surfando con leggerezza sull’onda degli eventi che gli capitano Il grande fatto
della sua vita è la separazione da Marta, donna affascinante e sensuale, che lo
ha sbattuto fuori di casa dopo averne scoperto il tradimento; così, quasi per
necessità, Leo inizia una convivenza poco coinvolgente con la giovane e
bellissima Annalisa.
Nulla di nuovo sotto il sole, sapeste voi care amiche
quanti ne ho incontrati nella mia vita di questi narcisisti senza speranza, molto
più attratti dall’autocommiserazione che dallo spirito d’azione…. Il profilo di
Leo è del resto tracciato dalla la sua psicologa, la quale afferma che lui «sembra
proiettare le sue emozioni solo sulle persone che non potrà vivere veramente,
lasciandosi andare a quello che accade con l’inconsapevolezza di uno sciocco
che in realtà non è».
Ma lasciamo perdere Leo,
perché forse le vere protagoniste del romanzo sono le due donne, figure
antitetiche come più non si potrebbe. Da un certo punto di vista, poli
alternativi della femminilità. Da una parte c’è la donna matura, forse troppo
cinica e disincantata, ma dal fascino forgiato dall’estrema sicurezza in se
stessa (a partire dal cospicuo conto in banca posseduto); dall’altra c’è la giovane,
di grande avvenenza ma incapace di operare la muta da quell’esoscheletro
irritante della sua perfetta bellezza. Insomma, troppi sorrisi e troppi “ti
amo”, troppa poca cellulite sulle chiappe e troppe poche rughe in viso (proprio
non si può reggere!). Leo finisce per fungere da metronomo, perennemente in
bilico tra l’una e l’altra; tra una storia appagante in virtù di un sesso
veramente ben fatto e una storia tranquilla che vezzeggia l’ego assai più che
il membro.
Ah sì, dimenticavo che Leo è
uno scrittore, e, tra un amplesso e l’altro, deve anche lavorare… Tra le pagine
più spassose vi sono sicuramente quelle in cui si racconta la vita di
redazione, squadernando un repertorio di bozzetti umani senza pari, dal Leopardi
che ha salvato la casa editrice grazie al romanzo colla casalinga veneziana
sessualmente disinibita come protagonista; al Cristiano vegano, oltranzista e ipocondriaco. Tutti quanti, nessuno escluso, si
sforzano di compiacere il capo presuntuoso, inconsapevolmente privo di doti
artistiche, assecondandone il tentativo di trovare sempre nuovi e surreali modi
per eliminare una suocera (questo dovrebbe essere il soggetto del romanzo
giallo che si vuole mettere in produzione). Alla base di tutto pare esserci il
desiderio di Leo di non decidere, di mantenere la dolce e comoda ambiguità
della relazione a tre, fatta di sesso pirotecnico con l’ex moglie e di sereni
abbracci colla giovane di lui adorante. Accanto alla trama divertente e
spumeggiante, colpisce infine il ritmo incalzante e la spontaneità del
linguaggio. E nonostante il tema pruriginoso, che parla di relazioni amorose
complesse, di crescita personale, voluta o imposta, di perdono tra consanguinei
e di infinite possibilità di riappacificazione tra generazioni, la sensazione
che ci pervade, dall’inizio alla fine, è quella di avere a che fare un romanzo garbato
e in cui prevalgono i buoni sentimenti. La conclusione? Io certo, care amiche,
non ve la dirò… ma sappiate che la conquista dell’uomo Peter Pan è sempre
effimera, e nonostante tutti i vostri sforzi il lupo perderà sempre il pelo ma certo
non il vizio!
Pertanto, care amiche una volta
che vi siete liberate di un ex, perché riprenderselo? Lasciamolo pure alla
giovane badante tanto motivata che, a differenza nostra, sembra decisamente più
portata per una vita davanti all’asse da stiro.
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