Un uomo e una donna, in un
appartamento dalla cucina desolata e triste, priva di mobili e senza ricordi. Un appartamento che pare la cuccia vuota di una cagna, un giaciglio inutile senza più i
latrati dei piccoli da accudire. Anche le pareti sembrano rifiutare d’ospitare anche solo lo spettro di un passato calore. Non ci sono quadri od orologi
appesi, fotografie o segni dell’esistenza di un nido.
Non ha avuto tempo per
osservare quanto sia spoglio e gelido quell'ambiente. Non un caffè di benvenuto, non una
carezza né una parola gentile. Pochi istanti e le sue mani si sono
ritrovate a tastare il pavimento, con le ginocchia sbucciate dal ruvido taglio
delle piastrelle, laddove l’una s’innesta nell’altra. Queste sono fredde e lisce,
dello stesso colore morto della neve corrotta dallo smog di mille e mille automobili. Su
alcune di esse le gocce del caffè versato hanno donato un riflesso fugace di
vivacità. Solo un riflesso temporaneo. Poco più in là stanno i vestiti, sparsi
in terra alla rinfusa, come gli stracci invenduti di una bancarella ambulante a
fine giornata. Non c’è stato calore nell’abbraccio iniziale, come se quel gesto
non fosse altro che un atto rituale di saluto, prima dell’incontro mortale (e lei
sa bene d’essere il gallo destinato a perire, decapitato dalla lama legata all’altrui
zampa; ma non le importa ... perché per lei è sufficiente essere il preludio di una
sinfonia che non avrà la possibilità di ascoltare per intero). Se ne sta così,
seduta sul bordo del tavolo di quella sterile cucina, tra la carta d’imballaggio
di un qualcosa ormai digerito, le briciole di pane, resti di fumo e cartine pronte ad un uso proibito), con le
natiche indolenzite e infastidite dal pizzicore che cresce.
Vorrebbe essere amata
come accade in quei film americani degli anni ’50 che tanto le piacciono, teneramente,
immersa nel calore delle coperte e di un robusto abbraccio; ma sa che non lo
può chiedere, e forse neppure in realtà davvero lo desidera. Del resto lei è
una donna priva di identità, che conosce le regole ferree di una relazione
nascosta: ha firmato il contratto col diavolo e non può avanzare richieste… E
poi perché mai dovrebbe farlo? Non ha volontà, questa è la sua cifra distintiva.
Ha accettato di soffrire, sapendo - fin dall’inizio - che solo così sarebbe stato:
sofferenza del corpo, dolore dell’anima. Non perché lui sia irresistibile, ma
perché quella che ha dentro di sé è una forza irresistibile. Ogni istante trascorso con
lui è infatti una guerra che si alimenta del ricordo delle battaglie combattute nel
passato, delle carneficine che l’hanno portata a vivere oggi come
una sopravvissuta, che la fanno ora pregare che quelle mani, dure e cattive,
non smettano di frugarle dentro con violenza. Prova dolore? Sì, da
morire. Fugacemente un pensiero le attraversa la mente: possibile che non si
renda conto delle ferite che lascerà al suo corpo? Possibile che un gesto d’amore,
trasformandosi in esplicitazione della rabbia, possa tanto avvilire un altro
essere umano (fino a renderlo uno strumento, una cosa passiva e senza
resistenza)? Adesso sente i colpi ritmati del membro di lui, e li accetta
arrendevole, del tutto priva di forze.
E mentre si aggrappa alla fantasia,
per accelerare un piacere che tarda ad arrivare, si abbatte su di lei il primo schiaffo.
Si sorprende, e il bruciore della pelle la strappa dal flusso di coscienza. Aspetta,
perché è sicura che al primo ne succederà un secondo… Aspetta, ferma e complice….
consapevole che bacerà con gratitudine quella stessa mano ruvida. Il secondo
alla fine arriva, anche più forte del primo, più secco e deciso,
contraddistinto da un suono che si è fatto squillante. Sente il suo viso ardere,
eppure è proprio la sua bocca a implorare d’essere colpita di nuovo, e più
forte (cosa che lui non tarda a fare). Tutto il suo corpo le si ribella contro,
abbandonando alla furia della tempesta, sulla scialuppa destinata al naufragio,
il povero capitano Edward che implora di essere ragionevole… Rivoglio il mio corpo, si dice in
silenzio. Ben sapendo che quello stesso corpo, così simile alla bambola di Hans Bellmer, disarticolata ed esposta
a mani impietose, non intende obbedirle. E sa pure che l’accogliere la violenza,
come strumento d’indagine di quel che si è, impone compromessi che non si
possono aggirare: non emettere troppi gemiti, non piangere per il dolore, evitare di guardare negli occhi il tuo carnefice (che non deve cedere all’innato e
malefico senso di colpa).
Colpisci,
colpisci più forte perché non sento un male sufficiente e i tuoi schiaffi mi
paiono soffici carezze. Voglio
di più. Io voglio poter piangere; e questi schiaffi non sono nulla rispetto a
quelli che nella vita io ho ricevuto
Lui del resto continua a
giocare, e sa come produrre dolore; ne ha tenute tante tra le sue mani, tante
da produrre i calli… Tante Nora,
prigioniere volontarie della loro personale “Casa di bambola”.
L’ordine di girarsi arriva
perentorio, e non ammette tentennamenti; anzi pretende gioia e dedizione.
Ora sono i seni a sfiorare
la superficie del tavolo, e con le gambe leggermente divaricate gli offre tremante
le natiche. E lui si avventa, con la foia del sadico sodomita.
No!
Questo no, ti scongiuro…
Si è girata di scatto e le
lacrime le scendono lungo le guance, vergognosa più della sua debolezza d’animo
che per l’umiliazione del corpo. Poco male, sembrano pensare gli occhi dell’uomo.
Prende così la cintura da terra e la colpisce, con rabbia e piacere, finché la
pelle della donna appare del tutto priva di luoghi salvati dal dolore. Dovrebbe urlare,
pregare che la smetta, imporre il rifiuto come ha fatto pochi minuti prima… ma
non lo fa. Perché questo nuovo gioco le piace, ed il dolore ammesso l’aiuta a
riemergere, a poco a poco. Il calore del sangue che scorre, sempre più veloce, irrora
le parti offese e le fa rifiorire alla vita. Quel corpo che le si era ribellato
contro, ora la incorona nuovamente quale regina, chiedendole di assaporare
insieme le sensazioni estreme che tanto ama. Solo ora può permettersi di
tremare, scoppiando in un pianto liberatorio. Tra le braccia del suo perfetto
carnefice, che solo ora accetta di accoglierla.
#amoreviolento #noracasadibambola #sessoedolore #gliammutinatidelbounty #hansbellmer