photo by Hikari Kesho |
“Le
cose le capiamo solo quando le dobbiamo capire”. Citando le sue parole, vi
presento Akiko, una donna dagli occhi grandi. Sembra uscita da un quadro di
Margaret Keane.
Mi
racconta senza indugiare in troppi convenevoli che si è avvicinata alla cultura
BDSM alcuni anni fa. Come tanti ha scoperto questa sua passione casualmente:
infatti prima di 50 sfumature non aveva mai sentito parlare né di Dom né di
corde; non aveva mai cercato il dolore e probabilmente l’idea della sottomissione
ad un uomo le avrebbe causato l’orticaria come a tante di noi. Eppure,
nonostante i puristi del BDSM, considerino quella trilogia un basso prodotto
commerciale, Akiko mi confida di essere rimasta affascinata dalle scene di
sottomissione e come sia iniziato, da quei fotogrammi, per lei il viaggio verso
la consapevolezza. Ovviamente non si è
fermata a 50 sfumature. Poiché è una donna molto intelligente e volitiva, si è
dedicata per circa un anno allo studio approfondito della filosofia BDSM,
cercando riferimenti culturali più interessanti e maturi rispetto al noto
cofanetto. Mi confida, infatti, che in Italia, rispetto ad altri paesi europei,
manca un approccio serio e rigoroso al BDSM e, spesso, chi pratica lo fa in
modo superficiale, più come gioco occasionale che come credo: “l’approccio è
diverso, è vero, io penso che spesso non sia serio e rigoroso, ma penso anche
che ognuno lo debba vivere come vuole, basta che sia sempre consensuale; manca
la formazione, chi si avvicina a questo mondo spesso non trova figure di
riferimento che lo addestrino e parlo sia di sub che di Master”.
Chi è Akiko?
Con un certo compiacimento mi sussurra che è considerata una perfetta slave per
il suo Dom. Le chiedo prima di tutto cosa intende con slave e quali sono i termini
di base da sapere per avvicinarsi al BDSM. “Prima di tutto distinguiamo tra
domina e dominante. Io, ad esempio, amo essere sottomessa da un dominante, ma
altre possono diventare sub di dominae. La domina si riconosce subito
per atteggiamento regale e non si deve assolutamente confondere con una prodomme.
Le vere Mistress, cioè le padrone che comandano solo per il piacere di
farlo, sono davvero poche; purtroppo molte ormai hanno fini di lucro. Una
mistress ovviamente può avere slave uomini o donne”. Le chiedo cosa intenda per risvolto
economico: “Molti slave pagano le loro Mistress (o fanno loro regali)”.
Questo aspetto merita un approfondimento e in rete trovo che la legge è
abbastanza chiara. È sufficiente entrare nel sito www.bdsmitalia.org “il
Prodomming è prostituzione se comprende pratiche fetish o sadomaso di tipo
sessuale.” Però, se non è facile trovare
una vera Mistress per uno slave, sembra che anche i Laether o Dom siano
piuttosto inflazionati negli ultimi tempi. È vero che dopo 50 sfumature il BDSM è uscito dal suo cono d’ombra ma, se da una
parte il successo della trilogia ha reso gli italiani più spregiudicati,
dall’altra parte ha decisamente semplificato uno stile di vita che non è
assolutamente banale. Infatti il BDSM serio (non quello “famolo strano”) si
caratterizza per una serie di regole e codici di comportamento che
presuppongono prima di tutto un dominante (con obblighi di cura verso chi
decide di donarsi) e in seconda istanza una totale dedizione in chi si sente
sub. La prima regola per una slave come Akiko, è quella di essere assolutamente
consenziente e riconoscere la superiorità del suo padrone /a: ”una slave
deve fare tutto quello che chiede il suo Master. Ovviamente ci si accorda prima
su cosa lui può chiedere a lei. Il bravo Dom sa perfettamente quale tipo di sub
ha davanti e cosa può o non può chiederle di fare.” Da quello che Akiko
racconta sembra quasi che tra i due si venga a creare un legame molto intenso e
profondo. Un gioco di intenti, provocazioni e di limiti infranti. “un bravo
dom aiuta la sua slave a superare le proprie barriere, a crescere e a sbocciare
come persona”.
Sembra
forse più vicino ad un percorso iniziatico, una sorta di ritualità antica,
quasi magica. Che una sessione di BDSM sia itinerarium ad Infera? Un cammino
verso il basso per vedere la luce con occhi nuovi.
Come
avviene una giornata tipo per una slave? “se con il suo Dom ha un rapporto
24/7 lui le può dire anche come vestirsi per quella giornata. La slave,
inoltre, si contraddistingue perché indossa un collare, simbolo del proprio
status”. Esistono vari libri sull’argomento e molti siti che spiegano in
termini chiari la ritualità e il simbolismo dello stile BDSM. Ovviamente una
slave non deve indossare un collare autonomamente, ma le deve essere donato dal
Dom. Per questo il collare è sempre di proprietà del dom e viene considerato un
grande onore per chi lo cince al collo. Quando si sfoggia? “In genere per
una sessione BDSM o ogni volta venga imposto alla sub”. Akiko
prosegue dicendo “Il dom si deve prende cura di te sia dal punto di vista
fisico e mentale. In sua balia, tu come slave sei in totale benessere. È sempre
la slave che decide di cedere il controllo. Per quanto mi riguarda il mio posto
preferito è quello accucciata ai suoi piedi. Solo lì mi sento davvero al
sicuro”. Ammetto di essere molto colpita dalle sue parole. Racconta la sua
esperienza con una serenità che, per chi è cresciuta con una madre femminista e
la convinzione che la libertà della donna sia cosa sacra, è difficile da
comprendere. In realtà sembra che essere slave sia un privilegio. Darsi
totalmente e in modo disinteressato, diventa per alcune di noi una forma di
liberazione dalle catene della quotidianità. Tempo fa, parlando con un amico
famoso rigger mi ha spiegato che per alcune donne vivere questa esperienza di
sottomissione è di grande gratificazione. Mostrare i segni di una legatura o i
lividi violacei di una frusta o di una paddle ha a che fare con l’arte. I segni
lasciati sul corpo creano arabeschi raffinati, simboli di un rapporto
privilegiato. Quando una sub entra nell’antro del lupo ha già abdicato alla sua
volontà e con estrema consapevolezza è pronta a concedersi al padrone. Akiko aggiunge “Il tipo di comunicazione è
assoluto. Perché, se lui domina, deve stare attento a mille particolari del mio
corpo: a come sospiro, o gemo. o a come lo sto guardando mentre mi annoda una
corda intorno. Deve avere una cura estrema del mio benessere per il semplice
fatto che, mentre sono sotto sessione, il mio livello di adrenalina è talmente
alto che rischio di non sentire il dolore”.
Mi
chiedo quanto sia in effetti pericoloso. So bene che esistono parti del corpo
che non possono essere immobilizzate per il rischio soffocamento, per questo ci
devono essere segnali chiari che permettano al dom di comprendere rapidamente
quando smettere.
Akiko
è una Bunny, ossia ama il Bondage e in particolare trova estremamente eccitante
farsi legare. Si è avvicinata alle corde nel 2018 con il suo primo maestro Davide.
All’inizio mi confida che le facevano molto male, ma forse se pratichi Bondage
mi viene da dire che questo è il significato del piacere estremo: trovare
l’armonia perfetta tra il massimo dolore e il massimo piacere. Unire Inferno e
Paradiso, che, a quanto pare, sono divisi da una sottile linea d’ombra.
“Occorre
distinguere e comprendere il significato delle diverse performance” per questo
motivo mi suggerisce di vedere i video di Tatiana Tereshchenko, le cui
composizioni diventano quadri viventi di grande eleganza. Ma per Akiko cosa
significa il Bondage? “ti rispondo come mi disse il mio maestro di corde: Tu
vuoi che le corde ti portino via…per me le corde sono una cura. Avvolta,
avvinta mi sento a casa”.
Mentre
mi dice questo mi ricordo di avere letto tempo fa la poesia di Sibilla Aleramo
“Oh palme delle mani” in cui il primo verso:
“oh
palme delle mani iscritte di segni,
triangoli,
rami, croci, stelle,
tutta
la mia vita ch’è stata e sarà,
il
punto ch’io ignoro della morte e non temo,
e
altri, altri che sembrano di confitti
chiodi
ma
intorno vi raggiano ali di gloria..”
per
Akiko la bellezza esiste nel segno. Nel solco lasciato sul suo corpo,
bianchissimo e morbido. In quella riga che traccia il corso di un nodo
scorsoio, dal quale ha avuto piacere e sofferenza. La sua poesia è un gemito soffocato. Un grido
morto in gola che non fa paura, ma invoca “ancora”. E ancora Akiko desidera
essere avvinta e sentire quel legame sottile tra rigger e slave. “La corda è un
cordone ombelicale, che crea una connessione tra lui e te. Lui attraverso le
corde arriva a te e viceversa”.
A
questo punto mi sorge spontanea la domanda se tra Dom e slave scatta un
sentimento d’amore?
“può
essere. Niente è escluso. Ma se lui vuole avere più slave deve essere chiaro
fin dall’inizio. Anzi, paradossalmente se si pensa che la slave sia appiattita
sul master, sbaglia! Avviene esattamente
il contrario: le slave sono spesso donne forti e intelligenti che non si fanno
circuire. Scelgono consapevolmente di cedere il controllo. Io ad esempio sono
stata definita una Kajira. Ossia come una schiava del pianeta Gor.”
Esiste
una serie di romanzi di John Norman ambientati sul pianeta Gor dove le kajira
vivono in condizione totalmente subordinata.
Alla
mia domanda se tutte le donne amano la sottomissione, Akiko risponde che per
alcune è una vera e propria inclinazione naturale. Non è semplicemente cercare
l’uomo forte o il Principe azzurro. Qui si tratta di accettare di essere
completamente sottomessa.
Immagino
che non sia semplice uscire dal nostro ruolo di donne emancipate e vestire i
panni di una sub. Infatti mi spiega che in genere il Master addestra le sue
schiave. Ad esempio si fa presto a parlare di frusta, ma pare sia uno degli
strumenti più tecnici e complessi. Un bravo Dom deve saperla usare per evitare
di lasciare segni permanenti.
“Molti
si improvvisano flogger ma occorre attenzione e amore verso il corpo
sottoposto al flagello. Infatti all’estero ci sono centri di addestramento per
chi ha tendenze da Master o Slave per vivere con consapevolezza questo tipo di
esperienze”
Insomma
da quello che mi racconta arrivo a comprendere che il BDSM non è violenza
perché è consensuale e per chi piace, il dolore è piacere.
Per
questo motivo mi spiega che una delle pratiche da lei preferite è essere
mollettata. In questa condizione di silenzio si sente appagata: muta e in balia
del suo signore, ha come unica forma di espressione gli occhi.
Per
me, che mi sono formata guardando i cartoni animati di Lady Oscar e Candy
Candy, mi risulta difficile comprendere quando arriva il compiacimento fisico
per una slave. Ovvero una slave prova orgasmo? Cioè, parafrasando il romanzo di
Peter Cameron, “Un giorno tutto questo dolore le sarà davvero utile”?
Akiko
mi confida che sotto una sessione di corde prova solo orgasmo, piacere puro e
prolungato.
Allora
perché non provare a educare anche noi vanilla ad essere meno sospettosi
verso il BDSM? Perché non raccontare in
modo corretto e senza compiacimenti la realtà di un mondo che, una volta
conosciuto, fa decisamente meno paura. Ma soprattutto si eviterebbero tante
ipocrisie all’interno della coppia se si imparasse davvero a giocare insieme.
Non occorre per forza fare male, basta semplicemente lasciarsi trasportare dai
ruoli e improvvisare. Dal semplice ordine “Tu, ora vai in macchina, ti siedi e
mi aspetti” a provare il brivido di una sculacciata quando meno te lo
aspetti.
Akiko
gioca forte, ovviamente non si tira indietro davanti a pratiche più impegnative
come il Wrapping o il Choking, che non sono per tutte. Essere Master o Slave ha
un risvolto anche nella vita quotidiana. Infatti, quando smetti panni del tuo
personaggio del BDSM, ti senti una persona un po’ speciale nel mondo reale.
#chièunaslavebdsm
#domhistoiredo
#cinquantasfumature
#vanillabdsm
#hikarikeshophoto
#hikarikeshoesteticaedestasi
#spocchisamenteilareilariacerioli
#evulvendoravenna
#laravennatechicilariaceriolicorrierediromagna
#psychiatryonlineilariacerioli
#ilgiornaledelricordoilariacerioli
#wrappingchoking
#margaretkeanequadri
#margaretatwoodilraccontodellancella
#histoiredo