Spocchiosamente Ilare

Consigli per una vita di coppia felice e per una singlitudine serena, senza troppi sensi di colpa.

domenica 9 giugno 2019

Una donna speciale: essere Slave

photo by Hikari Kesho


Le cose le capiamo solo quando le dobbiamo capire”. Citando le sue parole, vi presento Akiko, una donna dagli occhi grandi. Sembra uscita da un quadro di Margaret Keane.
Mi racconta senza indugiare in troppi convenevoli che si è avvicinata alla cultura BDSM alcuni anni fa. Come tanti ha scoperto questa sua passione casualmente: infatti prima di 50 sfumature non aveva mai sentito parlare né di Dom né di corde; non aveva mai cercato il dolore e probabilmente l’idea della sottomissione ad un uomo le avrebbe causato l’orticaria come a tante di noi. Eppure, nonostante i puristi del BDSM, considerino quella trilogia un basso prodotto commerciale, Akiko mi confida di essere rimasta affascinata dalle scene di sottomissione e come sia iniziato, da quei fotogrammi, per lei il viaggio verso la consapevolezza.  Ovviamente non si è fermata a 50 sfumature. Poiché è una donna molto intelligente e volitiva, si è dedicata per circa un anno allo studio approfondito della filosofia BDSM, cercando riferimenti culturali più interessanti e maturi rispetto al noto cofanetto. Mi confida, infatti, che in Italia, rispetto ad altri paesi europei, manca un approccio serio e rigoroso al BDSM e, spesso, chi pratica lo fa in modo superficiale, più come gioco occasionale che come credo: “l’approccio è diverso, è vero, io penso che spesso non sia serio e rigoroso, ma penso anche che ognuno lo debba vivere come vuole, basta che sia sempre consensuale; manca la formazione, chi si avvicina a questo mondo spesso non trova figure di riferimento che lo addestrino e parlo sia di sub che di Master”.
Chi è Akiko? Con un certo compiacimento mi sussurra che è considerata una perfetta slave per il suo Dom. Le chiedo prima di tutto cosa intende con slave e quali sono i termini di base da sapere per avvicinarsi al BDSM. “Prima di tutto distinguiamo tra domina e dominante. Io, ad esempio, amo essere sottomessa da un dominante, ma altre possono diventare sub di dominae. La domina si riconosce subito per atteggiamento regale e non si deve assolutamente confondere con una prodomme. Le vere Mistress, cioè le padrone che comandano solo per il piacere di farlo, sono davvero poche; purtroppo molte ormai hanno fini di lucro. Una mistress ovviamente può avere slave uomini o donne”.  Le chiedo cosa intenda per risvolto economico: “Molti slave pagano le loro Mistress (o fanno loro regali)”. Questo aspetto merita un approfondimento e in rete trovo che la legge è abbastanza chiara. È sufficiente entrare nel sito www.bdsmitalia.orgil Prodomming è prostituzione se comprende pratiche fetish o sadomaso di tipo sessuale.” Però, se non è facile trovare una vera Mistress per uno slave, sembra che anche i Laether o Dom siano piuttosto inflazionati negli ultimi tempi. È vero che dopo 50 sfumature il BDSM è uscito dal suo cono d’ombra ma, se da una parte il successo della trilogia ha reso gli italiani più spregiudicati, dall’altra parte ha decisamente semplificato uno stile di vita che non è assolutamente banale. Infatti il BDSM serio (non quello “famolo strano”) si caratterizza per una serie di regole e codici di comportamento che presuppongono prima di tutto un dominante (con obblighi di cura verso chi decide di donarsi) e in seconda istanza una totale dedizione in chi si sente sub. La prima regola per una slave come Akiko, è quella di essere assolutamente consenziente e riconoscere la superiorità del suo padrone /a: ”una slave deve fare tutto quello che chiede il suo Master. Ovviamente ci si accorda prima su cosa lui può chiedere a lei. Il bravo Dom sa perfettamente quale tipo di sub ha davanti e cosa può o non può chiederle di fare.” Da quello che Akiko racconta sembra quasi che tra i due si venga a creare un legame molto intenso e profondo. Un gioco di intenti, provocazioni e di limiti infranti. “un bravo dom aiuta la sua slave a superare le proprie barriere, a crescere e a sbocciare come persona”.
Sembra forse più vicino ad un percorso iniziatico, una sorta di ritualità antica, quasi magica. Che una sessione di BDSM sia itinerarium ad Infera? Un cammino verso il basso per vedere la luce con occhi nuovi.
Come avviene una giornata tipo per una slave? “se con il suo Dom ha un rapporto 24/7 lui le può dire anche come vestirsi per quella giornata. La slave, inoltre, si contraddistingue perché indossa un collare, simbolo del proprio status”. Esistono vari libri sull’argomento e molti siti che spiegano in termini chiari la ritualità e il simbolismo dello stile BDSM. Ovviamente una slave non deve indossare un collare autonomamente, ma le deve essere donato dal Dom. Per questo il collare è sempre di proprietà del dom e viene considerato un grande onore per chi lo cince al collo. Quando si sfoggia? “In genere per una sessione BDSM o ogni volta venga imposto alla sub”. Akiko prosegue dicendo “Il dom si deve prende cura di te sia dal punto di vista fisico e mentale. In sua balia, tu come slave sei in totale benessere. È sempre la slave che decide di cedere il controllo. Per quanto mi riguarda il mio posto preferito è quello accucciata ai suoi piedi. Solo lì mi sento davvero al sicuro”. Ammetto di essere molto colpita dalle sue parole. Racconta la sua esperienza con una serenità che, per chi è cresciuta con una madre femminista e la convinzione che la libertà della donna sia cosa sacra, è difficile da comprendere. In realtà sembra che essere slave sia un privilegio. Darsi totalmente e in modo disinteressato, diventa per alcune di noi una forma di liberazione dalle catene della quotidianità. Tempo fa, parlando con un amico famoso rigger mi ha spiegato che per alcune donne vivere questa esperienza di sottomissione è di grande gratificazione. Mostrare i segni di una legatura o i lividi violacei di una frusta o di una paddle ha a che fare con l’arte. I segni lasciati sul corpo creano arabeschi raffinati, simboli di un rapporto privilegiato. Quando una sub entra nell’antro del lupo ha già abdicato alla sua volontà e con estrema consapevolezza è pronta a concedersi al padrone.  Akiko aggiunge “Il tipo di comunicazione è assoluto. Perché, se lui domina, deve stare attento a mille particolari del mio corpo: a come sospiro, o gemo. o a come lo sto guardando mentre mi annoda una corda intorno. Deve avere una cura estrema del mio benessere per il semplice fatto che, mentre sono sotto sessione, il mio livello di adrenalina è talmente alto che rischio di non sentire il dolore”.
Mi chiedo quanto sia in effetti pericoloso. So bene che esistono parti del corpo che non possono essere immobilizzate per il rischio soffocamento, per questo ci devono essere segnali chiari che permettano al dom di comprendere rapidamente quando smettere.
Akiko è una Bunny, ossia ama il Bondage e in particolare trova estremamente eccitante farsi legare. Si è avvicinata alle corde nel 2018 con il suo primo maestro Davide. All’inizio mi confida che le facevano molto male, ma forse se pratichi Bondage mi viene da dire che questo è il significato del piacere estremo: trovare l’armonia perfetta tra il massimo dolore e il massimo piacere. Unire Inferno e Paradiso, che, a quanto pare, sono divisi da una sottile linea d’ombra.
“Occorre distinguere e comprendere il significato delle diverse performance” per questo motivo mi suggerisce di vedere i video di Tatiana Tereshchenko, le cui composizioni diventano quadri viventi di grande eleganza. Ma per Akiko cosa significa il Bondage? “ti rispondo come mi disse il mio maestro di corde: Tu vuoi che le corde ti portino via…per me le corde sono una cura. Avvolta, avvinta mi sento a casa”.
Mentre mi dice questo mi ricordo di avere letto tempo fa la poesia di Sibilla Aleramo “Oh palme delle mani” in cui il primo verso:
“oh palme delle mani iscritte di segni,
triangoli, rami, croci, stelle,
tutta la mia vita ch’è stata e sarà,
il punto ch’io ignoro della morte e non temo,
e altri, altri che sembrano di confitti
chiodi
ma intorno vi raggiano ali di gloria..”
per Akiko la bellezza esiste nel segno. Nel solco lasciato sul suo corpo, bianchissimo e morbido. In quella riga che traccia il corso di un nodo scorsoio, dal quale ha avuto piacere e sofferenza.  La sua poesia è un gemito soffocato. Un grido morto in gola che non fa paura, ma invoca “ancora”. E ancora Akiko desidera essere avvinta e sentire quel legame sottile tra rigger e slave. “La corda è un cordone ombelicale, che crea una connessione tra lui e te. Lui attraverso le corde arriva a te e viceversa”.  
A questo punto mi sorge spontanea la domanda se tra Dom e slave scatta un sentimento d’amore?
“può essere. Niente è escluso. Ma se lui vuole avere più slave deve essere chiaro fin dall’inizio. Anzi, paradossalmente se si pensa che la slave sia appiattita sul master, sbaglia!  Avviene esattamente il contrario: le slave sono spesso donne forti e intelligenti che non si fanno circuire. Scelgono consapevolmente di cedere il controllo. Io ad esempio sono stata definita una Kajira. Ossia come una schiava del pianeta Gor.”
Esiste una serie di romanzi di John Norman ambientati sul pianeta Gor dove le kajira vivono in condizione totalmente subordinata.
Alla mia domanda se tutte le donne amano la sottomissione, Akiko risponde che per alcune è una vera e propria inclinazione naturale. Non è semplicemente cercare l’uomo forte o il Principe azzurro. Qui si tratta di accettare di essere completamente sottomessa.
Immagino che non sia semplice uscire dal nostro ruolo di donne emancipate e vestire i panni di una sub. Infatti mi spiega che in genere il Master addestra le sue schiave. Ad esempio si fa presto a parlare di frusta, ma pare sia uno degli strumenti più tecnici e complessi. Un bravo Dom deve saperla usare per evitare di lasciare segni permanenti.
“Molti si improvvisano flogger ma occorre attenzione e amore verso il corpo sottoposto al flagello. Infatti all’estero ci sono centri di addestramento per chi ha tendenze da Master o Slave per vivere con consapevolezza questo tipo di esperienze”       
Insomma da quello che mi racconta arrivo a comprendere che il BDSM non è violenza perché è consensuale e per chi piace, il dolore è piacere.
Per questo motivo mi spiega che una delle pratiche da lei preferite è essere mollettata. In questa condizione di silenzio si sente appagata: muta e in balia del suo signore, ha come unica forma di espressione gli occhi.
Per me, che mi sono formata guardando i cartoni animati di Lady Oscar e Candy Candy, mi risulta difficile comprendere quando arriva il compiacimento fisico per una slave. Ovvero una slave prova orgasmo? Cioè, parafrasando il romanzo di Peter Cameron, “Un giorno tutto questo dolore le sarà davvero utile”?      
Akiko mi confida che sotto una sessione di corde prova solo orgasmo, piacere puro e prolungato.
Allora perché non provare a educare anche noi vanilla ad essere meno sospettosi verso il BDSM?  Perché non raccontare in modo corretto e senza compiacimenti la realtà di un mondo che, una volta conosciuto, fa decisamente meno paura. Ma soprattutto si eviterebbero tante ipocrisie all’interno della coppia se si imparasse davvero a giocare insieme. Non occorre per forza fare male, basta semplicemente lasciarsi trasportare dai ruoli e improvvisare. Dal semplice ordine “Tu, ora vai in macchina, ti siedi e mi aspetti” a provare il brivido di una sculacciata quando meno te lo aspetti. 
Akiko gioca forte, ovviamente non si tira indietro davanti a pratiche più impegnative come il Wrapping o il Choking, che non sono per tutte. Essere Master o Slave ha un risvolto anche nella vita quotidiana. Infatti, quando smetti panni del tuo personaggio del BDSM, ti senti una persona un po’ speciale nel mondo reale.
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