Consigli per una vita di coppia felice e per una singlitudine serena, senza troppi sensi di colpa.

mercoledì 29 agosto 2018

Top ten: Quella volta che non dimenticherò mai Episodio n.1 Treno



Quando ero una giovane e promettente Indiana Jones la mia vita sentimentale era per così dire molto articolata. Anche perché la regola che mi ero data era quella di non legarsi mai, dal momento che prima di ogni cosa dovevano venire lo studio e il lavoro; il quale del resto mi portava in giro come una trottola, ovunque nella penisola si palesasse uno scavo archeologico. E pazienza se il più delle volte questo doveva mascherarsi da puzzolente trincea della SNAM: l’archeologia era l’unico mio grande amore. Ricordo che ostentavo una femminista sicurezza, anche se in realtà sotto sotto sentivo la mancanza di un porto sicuro in cui approdare quando un contratto terminava. Solo oggi, con qualche trascurabile primavera alle spalle, comprendo perché non fosse semplice trovarmi un fidanzato disposto a emulare la Penelope omerica: provate voi ad attendere tranquilli che la propria ragazza, quella abituata a vivere con la valigia sempre pronta nell’angolo della sua cameretta, ritorni da una campagna di scavo che, dai suoi racconti al telefono, pare una sorta di comune hippie uscita dagli anni 70. Questo spiega perché la mia vita sentimentale sia stata per anni una sequenza ininterrotta di serate trascorse guardando il display del telefonino, di struggenti addii ferroviari che neanche Doisneau, di feroci gelosie nei confronti della sciacquetta che senza dubbio era pronta a consolare il mio povero lui non appena il treno fosse partito. Se dovessi dire quale fosse il mio spirito guida dell’epoca non avrei dubbi: un bel cervo reale, con un palco di corna da fare invidia alla compagna di Michael Douglas. Tuttavia devo ammettere che pure a me, a furia di viaggiare, sono capitate alcune storie d’amore. Non sempre finite bene, ma senza dubbio sempre degne di essere ricordate con un sussulto di emozione.
Come quella che ho vissuto su un treno, in compagnia di un amico che mi sarebbe tanto piaciuto si fosse candidato al ruolo di fidanzato in carica. Non essendo riusciti a trovare uno straccio di posto libero stavamo accoccolati nello spazio di servizio tra la porta d’accesso allo scompartimento e il bagno, tranquilli perché eravamo ancora all’inizio della nostra storia e non ci dispiaceva un po’ di scomoda intimità. No, non avevamo ancora fatto sesso; solo qualche bacetto al chiarore della luna, discorrendo dei nostri sogni e delle nostre aspirazioni. Ricordo che lui desiderava ottenere un post dottorato. Più prosaicamente, io volevo un fidanzato. Mentre sproloquiavo a proposito della mia vita randagia, più per fare scena che per vero amore, il prescelto mi guarda negli occhi e solenne mi rivela di volere baciarmi. Scusa, ma il post dottorato di cui sopra? Comunque mi riprendo in un attimo e mi chiedo se per caso non siamo arrivati all’azione piccante che consente di sbattere la palla in rete. Ma come fare? Sembriamo due barboni da musical, con la sottoscritta seduta su quella valigia con dentro l’intera sua vita, in attesa di un controllore che da un momento all’altro potrebbe spalancare la porta dello scompartimento al suono di Mamma mia degli Abba. Però sono parecchio su di giri. Finalmente mi sono trovata uno con tutti i requisiti cercati: bell’aspetto, simpatia e, soprattutto, un elevato spessore culturale (mi ha pure detto di avere vissuto per parecchio tempo a Parigi, la città europea che all’epoca, prima di scoprire Berlino, io preferivo). Sarà stata la location insolita, sarà stata l’attesa ormai un po’ troppo protrattasi di un’intimità da consumare, ma il suo bacio è stato il più lungo e appassionato mai ricevuto.  Dalle labbra alle mani sul corpo il passo è breve. Così, mentre le mie dita armeggiavano coi bottoni della sua camicia, le sue s’erano già infilate nella gonna e prendevano con forza i miei fianchi. L’andamento a scatti del treno contribuiva a trasformare quell’approccio dei corpi in un amplesso, che si consumava con naturalezza in quello spazio angusto, senza alcun pudore davanti gli occhi di chiunque fosse passato di lì. Ci guardiamo attorno, e senza parlare ci chiudiamo nel bagno. Non che si tratti di un posto particolarmente, e men che meno pulito, ma quando si ha vent’anni non si guarda troppo per il sottile e tutto diventa naturale. Forse avremmo potuto aspettare di giungere a destinazione, concedendoci la comodità di un letto in una pensioncina; ma se lo avessimo pensato avremmo rovinato tutto; perché, come insegna Guccini, vuoi mettere la soddisfazione di un amore fatto alla boia d’un Giuda? Concludo con un solo suggerimento. Se vi troverete in una simile situazione cercate di contenere i mugolii di piacere, in modo che la fila dei passeggeri in attesa fuori della porta non si sentano obbligate ad applaudire con foga e vigore quando si tratterà di uscire da quella lurida alcova!    

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